Casotto, un film del 1977, diretto da Sergio Citticon Ugo Tognazzi, Gigi Proietti, Franco Citti, Catherine Deneuve, Mariangela Melato, Michele Placido, Paolo Stoppa, Ninetto Davoli e una giovanissima Jodie Foster. La sceneggiatura è di Vincenzo Cerami e Sergio Citti, la fotografia di Tonino Delli Colli, il montaggio di Nino Baragli, la scenografia di Dante Ferretti e le musiche di Gianni Mazza. Sergio Citti, alla sua terza regia dopo le collaborazioni con Pier Paolo Pasolini, propone uno spaccato, tutt’altro che roseo, di umanità e di comportamenti. Per il ruolo di Alfredo Cerquetti era stato inizialmente scelto Marcello Mastroianni, che fu poi sostituito da Ugo Tognazzi, mentre la giovanissima Jodie Foster allora quindicenne, fu scelta per il ruolo di Teresina Fedeli, cugina di Vincenzino interpretato da Michele Placido. Il produttore cinematografico Gianfranco Piccioli, durante un’intervista del 2010 dichiarò che nessuno degli attori venne pagato all’epoca, l’unica che ricevette un compenso in denaro fu la Foster, mentre all’attrice francese Catherine Deneuve venne regalato dallo stesso un anello di Bulgari che fu poi andato perso, durante la scena in cui quest’ultima tira un ceffone a Gigi Proietti. Le località scelte per il film sono state il litorale di Ostia (Roma), il comune di Campello sul Clitunno nel fiume di Clitunno (Perugia), il Parco regionale Valle del Treja (Lazio) e negli studi di De Paolis Studios (Lazio).
Sinossi
In una cabina collettiva a Ostia, una domenica d’agosto, sfilano molti personaggi: le componenti di una squadra di pallacanestro, due soldati culturisti, due benzinai con le loro ragazze, un sacerdote che nasconde un grosso segreto, due nonni con nipote incinta, due donne in lite con l’assicurazione, una coppia che vuole consumare il primo rapporto d’amore. Non va bene quasi a nessuno.
Il cinema di Sergio Citti è sempre basico, fondato sulle necessità e difficoltà di soddisfare i nostri bisogni primari. Senz’altro la più nota e (forse) la miglior regia di Citti che osserva gli italiani di fine anni ’70, all’interno di un casotto sulla spiaggia assegnato, com’era solito all’epoca, a più persone. La capacità del regista sta non solo nel riuscire a collegare alternativamente ogni protagonista ma anche nell’aver raccolto tutte le personalità dell’epoca che, però, sarebbero più che valide tutt’oggi. Casotto è il film dell’impossibilità di dare sfogo agli appetiti sessuali in un luogo che non è privato né pubblico. La cabina, dove ci si spoglia per poter andare al mare con il vestito adatto, resta chiusa agli estranei, non per sempre ma solo per il tempo necessario per potersi presentare in spiaggia. Il casotto è una specie di posto sospeso che sta tra la vita di tutti i giorni e la voglia di mare, il lavoro e la vacanza, tra l’essere vestiti e l’essere quasi nudi. Il regista chiarisce subito quello che non vedremo in questo film: lo spogliarello interrotto delle ragazze davanti al proprio allenatore, che ha occupato la cabina sbagliata insieme al membro anormale del prete, ci dice che assisteremo, ovviamente, a nudi umani, ma non vedremo questi stessi corpi in atti sessuali o di voyerismo. Quasi tutti ci provano, ma nessuno dentro il casotto riesce a fare sesso: i militari- culturisti pensano sempre ai muscoli, i vitelloni di borgata si vergognano dei loro piedi, la famigliola provinciale deve trovare una sistemazione per la nipote incinta e senza marito, la coppietta di parrucchieri viene interrotta sempre prima di concludere e l’assicuratore onesto e casto non vuole cedere alle lusinghe erotiche delle due spregiudicate donne disposte quasi a tutto per i soldi dell’assicurazione. Un unico palcoscenico su cui si alternano gli attori (metodo utilizzato poi brillantemente anche da Polanski), e che attori: il magistrale Ugo Tognazzi, la sua recitazione incanta; la giovane e mai troppo ingenua Jodie Foster, è lei che cerca di appioppare il pargolo che porta in grembo prima all’ingenuo Michele Placido, che però sembra avere altri gusti, e poi al furbo (ma non troppo) Gigi, anzi Luigi Proietti, che si lascia piacevolmente abbindolare. Poi Paolo Stoppa, Mariangela Melato, Ninetto Davoli, Catherine Deneuve e Carlo Croccolo, un pezzo di storia del cinema italiano e mondiale. Affascinante anche la cosiddetta “struttura ad anello” che permette a un film di chiudere con la stessa scena (o quasi) che lo aveva aperto: la carrellata all’interno del casotto diciannove. Film semplice e geniale nel far vedere il lato invisibile di un popolo piccolo-borghese che cerca di divertirsi, ma che prova che cane mangia cane non è sempre una metafora. Fuori e dentro si confondono e la promiscuità non fa comunità.