Mi facevi notare che mai come in questo momento è importante parlare del cinema brasiliano, quindi dimmi qualcosa di più a proposito di questa affermazione.
L’arte cinematografica secondo me ha sempre espresso momenti in cui non solo i documentari ma anche i film di finzione avevano in comune la funzione di rispecchiare il vissuto della società brasiliana. Tenuto conto che in questo momento il Brasile sta attraversando un periodo delicato, con un governo alquanto polemico rispetto a temi sociali molto sentiti e spesso ignorati, ecco che il cinema si fa carico di parlarne nella maniera che è possibile vedere in Agenda Brasil, il Festival Internazionale di Cinema Brasiliano, giunto quest’anno alla sua ottava edizione.
Mi pare di capire che uno dei presupposti della rassegna sia quello di offrire una panoramica sulle condizioni di “salute” del paese attraverso i titoli proposti dalla selezione.
In realtà, non era una vera e propria indicazione per le persone che hanno curato la selezione: quello che dici è arrivato in modo molto naturale perché nel centinaio d’iscrizioni per le sezioni competitive molte opere parlavano di questi argomenti. Da parte nostra, non abbiamo fatto altro che dare spazio a questa voce che vuole farsi sentire.
Parlavi di come il governo si faccia più o meno partecipe delle vicissitudini dei cittadini. Nei confronti della settima arte invece che tipo di rapporto esiste? Ai tempi del Cinema Marginal c’era la Embra film, azienda governativa che supportava su scala industriale la produzione. Adesso come funziona?
La Embra film non esiste più, al suo posto c’è l’agenzia del cinema brasiliano (Ancine, ndr), che ha creato un fondo per la produzione audiovisiva capace di sostenere negli ultimi 15 anni tantissime produzioni. Il cinema brasiliano è cresciuto in maniera esponenziale per qualità e numero di produzioni. Adesso la situazione è aperta e bisogna vedere come si evolverà. Detto che noi come Festival siamo sostenuti da questa struttura, ci sarà da capire se si verificheranno degli interventi per quanto riguarda i fondi stessi e quali potranno essere i nuovi indirizzi produttivi. Con il nuovo governo è stato cambiato il consiglio direttivo e all’interno di esso sono stati inseriti rappresentanti di major americane, cosa che i nostri produttori non hanno gradito, perché vedono tutto questo come uno spostamento dell’attenzione verso un certo tipo di cinema e di produzione molto più mainstream.
E, dunque, la possibilità di avere un cinema meno critico verso quelle che possono essere le azioni delle istituzioni rispetto ai problemi del paese.
Magari sì. Non si sa ancora, è troppo presto per dirlo. Oggi stanno producendo i film che vedremo l’anno prossimo o fra due anni, quindi non si può sapere. Le cose che sto dicendo sono quelle che si leggono in giro, o che si dicono tra le persone dell’ambiente.
Tornando al presente e rispetto alla riflessione sulle realtà più problematiche del paese come risponde la produzione cinematografica? Quanto margine di critica c’è rispetto alle cose che non vanno?
C’è molta libertà, tant’è che i film esistono. Il problema del cinema brasiliano è la distribuzione, perché dopo essere stati prodotti si fatica a farli vedere. La maggior parte delle sale sono occupate da titoli stranieri, principalmente americani; quelli autoctoni presenti nel circuito lo sono perché già destinati al successo: si tratta per lo più di commedie che la gente va a vedere perché a interpretarli sono le star della televisione. Stiamo parlando di titoli usa e getta. I film più impegnati o più autoriali purtroppo non riescono ad essere visti se non nei canali un pochino più esclusivi, con qualche VOD dedicato ai cult. La produzione c’è, la distribuzione è il grande problema. In effetti da circa due anni Agenda Brasil insieme al sales e distributore Maf Media – che è italiano – sta cercando di far entrare i film brasiliani nel vostro mercato. Vediamo come andrà, per adesso siamo solo agli inizi.
Sorrido, perché la situazione che hai descritto ha più di una coincidenza con quella italiana.
Sì sì, infatti lo so (ride, ndr).
Ma tra questi film, almeno quelli visti a Cannes arrivano e soprattutto vengono visti? Parlo di opere come Acquarius e Bacurau di Kleber Mendonça Filho, che con quest’ultimo ha vinto il premio della giuria nell’ultima edizione del festival francese.
Poco. Escono, però hanno una vita abbastanza corta. In genere finiscono quasi subito nelle cable tv che hanno una forte impronta culturale, ma non è il luogo dove la gente potrebbe andarli a vedere. Il pubblico preferisce le grandi commedie. Un po’ come succede da voi con i cinepanettoni, le uscite più seguite sono quelle che hanno un’offerta popolare, mentre quelle d’autore hanno poco spazio e durano poco nelle sale.
Dal Cinema Novo a City of God, da Tropa de Elite alle telenovelas di Sonia Braga, esistono tanti tipi di cinema quante sono le anime del Brasile. Mai titolo più azzeccato è stato quello di chiamare la rassegna i “Brasili” di Agenda Brasil. Rispecchia un po’ questo fatto.
Assolutamente, perché ci sono diversi livelli di produzione, diversi poli cinematografici in Brasile. C’è il cinema di Rio, quello di San Paolo, quello del Nord Est, che diventa sempre più forte. Kleber Mendonça Filho che viene dal Pernambuco ne è la dimostrazione. Adesso anche il Paraiba di cui abbiamo portato un film – tra l’altro, una cosa mai vista – sta nascendo come centro di produzione cinematografico. Poi ci sono aree del Sud del paese, come Porto Alegre, di cui abbiamo inserito un film nel programma. Ci sono vari Brasili, perché c’è un’enorme differenza tra il nord est e il sud. Praticamente sono due pianeti diversi, culturalmente parlando e, di riflesso, lo sono anche per quanto riguarda il linguaggio cinematografico e la tipologia delle storie.
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Della produzione brasiliana in Italia siamo abituati a vedere la versione più impegnata e di denuncia, quindi con qualcosa che ha a che fare con una possibile derivazione della lezione del Cinema Novo. Mi riferisco, per esempio, a The City of God, a tutte quelle opere di impronta realistica e, genericamente, militanti, mentre, da quanto dici, esistono tanti altri modelli, non escluso uno più leggero. Quindi, tornando alla forma, ti volevo chiedere: è influenzata dall’origine geografica ? Esistono cioè differenze notevoli tra il Cinema paulista, quello di Rio e gli altri ?
Sì, esistono. È vero che è un po’ passata l’epoca dei favelas movie. Diciamo che The City of God è stato un rappresentante notevole di questa scuola. Di fatto, nel nostro programma quest’anno non abbiamo niente di simile, almeno nei film di finzione. Invece, per quanto riguarda i documentari ritengo che il Brasile stia diventando sempre più all’avanguardia, perché i temi sono molto sentiti e i registi stanno diventando molto bravi a parlarne attraverso questo genere. Come dicevo, anche il linguaggio si sviluppa in modo diverso nelle varie zone del Brasile. C’è un’impronta molto autoriale tra i film che stiamo presentando con tematiche universali, inerenti i rapporti tra le persone. Questo è un interesse nuovo per il Cinema brasiliano, diverso da quello dei favelas movie e lontano dalle esasperazioni più violente. Non che non ci siano, ma sono passati un po’ di moda.
Si va, per altri versi, da uno stile documentario anche nel cinema di finzione a un’espressività quasi astratta, per non dire surreale, onirica, magica. Penso che la varietà sia un’altra caratteristica dominante dell’attuale Cinema brasiliano.
Sì. assolutamente. Hai riassunto molto bene il quadro.
Entrando nel merito del programma, volevo che fornissi a chi ci legge dei percorsi possibili all’interno della vostra selezione.
Innanzitutto, c’è la questione di genere, affrontata in ben tre film: O beijo no asfalto, esordio alla regia di Murilo Benicio (attore famosissimo in patria), tratto da una pièce teatrale degli anni ’50 ma ancora attuale. Tra le interpreti troviamo Fernanda Montenegro, che oltre ad essere un’icona del nostro cinema per esser stata, tra l’altro, la protagonista di Central do Brasil, recitò nello spettacolo teatrale degli anni ’50 e adesso è di nuovo nel film in una parte più piccola. Si tratta di un’opera da vedere, perché rispecchia non solo la questione di genere ma anche la manipolazione operata sulle persone dai mass-media e dall’opinione pubblica. Inoltre, sempre relativo alla questione di genere, abbiamo ancora Inferninho, di Guto Parente e Pedro Diógenes, storia di un transgender padrone di un locale, che sogna di iniziare a viaggiare per il mondo, e dell’incontro con un marinaio che invece vuole fermarsi: il film racconta, con un linguaggio molto particolare, la loro storia d’amore, di come gestiscono desideri conflittuali. Alguma coisa assim, diretto da Esmir Filho e Mariana Bastos, co-produzione con la Germania, narra ancora una volta la storia di due persone che non si incontrano e si lasciano negli anni perché lui, pur essendo attratto dalla ragazza, è comunque omosessuale. Il punto di interesse del film è il suo nascere da un cortometraggio premiato alla Settimana della Critica di Cannes. I registi hanno preso gli stessi attori, hanno utilizzato le immagini del cortometraggio e hanno sviluppato la storia per farli incontrare dieci anni dopo nello stesso ambiente, riprendendo a raccontare la medesima storia. Infine, mi piace ricordare un altro film molto particolare, il documentario intitolato George Hilton: o mundo é dos audazes, del regista Daniel Camargo, di origine brasiliana ma italiano di adozione, il quale racconta la particolare vicenda di George Hilton, attore uruguaiano famoso in Argentina e quindi trasferitosi a Milano dove diventa attore di successo negli spaghetti western e nei polizieschi degli anni ’70 e ’80. Hilton è ancora vivo, ha 85 anni e adesso vive a Roma: la sua storia è molto divertente ma anche drammatica, perché a un certo punto succede un fatto piuttosto grave che coinvolge la sua famiglia. Particolare il fatto che questo attore abbia attraversato l’oceano per venire in Italia.
Dopo Milano e Roma, la rassegna sarà ancora replicata.
Sarà a Torino dal 4 al 6 Ottobre al Cinema Massimo. Anche qui, come a Roma, porteremo una selezione dei film presenti a Milano. Inoltre, a fine ottobre, faremo anche una rassegna online a pagamento: con una piccola cifra, quindi, la selezione potrà essere vista da tutti.