La bisbetica domata, un film del 1967 diretto da Franco Zeffirelli, tratto dall’omonima commedia di William Shakespeare, interpretato dalla coppia d’oro dell’epoca formata da Elizabeth Taylor e Richard Burton. La pellicola venne girata negli studi della compagnia cinematografica Dino De Laurentiis a Roma. Il film fu un campione d’incassi, raddoppiando il budget di partenza con i soli incassi nel mercato statunitense. Franco Zeffirelli originariamente avrebbe voluto come protagonisti Sophia Loren e Marcello Mastroianni. Elizabeth Taylor, durante le riprese del film, venne a sapere della morte del suo più caro amico, l’attore Montgomery Clift: nonostante il pesante lutto, ha continuato professionalmente a lavorare sul set, alternando momenti di pura comicità per le scene ironiche del film, a momenti di triste silenzio tra un ciak e l’altro. La Taylor e Richard Burton hanno co-prodotto il film con un milione di lire a testa e preso una percentuale sugli incassi del film. Zeffirelli ha più volte ricordato di quanto sia stato bello lavorare con la celeberrima coppia di divi. La bisbetica domata ha ottenuto due nomination agli Oscar (Migliore scenografia a Renzo Mongiardino, John DeCuir, Elven Webb, Giuseppe Mariani, Dario Simoni e Luigi Gervasi, Migliori costumi a Irene Sharaff e Danilo Donati) e ha vinto tre David di Donatello (Miglior produttore a FAI – Films Artistici Internazionali, Migliore attrice straniera a Elizabeth Taylor, Miglior attore straniero a Richard Burton) e un Nastro d’Argento (Migliori costumi a Danilo Donati).
Sinossi
Caterina, figlia di un ricco mercante di Padova, ha un carattere ribelle. Per questo il padre teme di non poterle trovare un marito. Petruccio è un incallito dongiovanni che si picca di essere irresistibile con le donne. Tra i due nasce la passione che, visti i rispettivi caratteri, sfocia in una baruffa perpetua fino a quando Caterina viene “addolcita” dal marito e scopre il piacere di essere più femminile.
La bisbetica domata è una delle migliori interpretazioni di Liz Taylor e anche uno dei più riusciti film di Franco Zeffirelli. Lontano dal teatro filmato, con una vera idea di cinema che poi ha perso per strada (a conti fatti, le cose più commestibili di Zeffirelli sono questo e Romeo e Giulietta), il regista fonde una serie di elementi in un’armonia che raramente s’incontra nelle trasposizioni shakespeariane fuori dalla terra madre: fedeltà non pedante al testo originario (il merito maggiore è ascrivibile a Suso Cecchi D’Amico, che aveva due mani d’oro), dispiego di mezzi sfarzoso ma non eccessivo, solida tradizione teatrale e divismo. Per quanto concerne il divismo, ovviamente qui è appannaggio della scatenata coppia formata da Liz Taylor e Richard Burton, in un gioco cinematografico che è quasi metacinematografico, profetico e allegorico. Il film è una commedia brillante e divertente, ricca di elementi comici e trascinante, soprattutto nelle sequenze di lotta tra i coniugi e nei toni più sentimentali della parte finale. La coppia Burton-Taylor sembra approfittarne per riversare sullo schermo le schermaglie della vita privata: entrambi attori di altissimo livello, l’uno è la spalla dell’altro. Elizabeth Taylor, alle prese per la prima volta con un testo scespiriano, recita con coraggio la parte dell’indomabile Caterina e, conferendo al personaggio dinamismo e vivacità, riesce a restituire quell’immagine di donna integra che Shakespeare aveva ideato. Abbandonando ogni sfumatura divistica, l’attrice (che aveva recuperato con rapidità la forma fisica persa per Chi ha paura di Virginia Woolf?) riesce a svariare dai toni ironici e irriverenti delle divertenti liti a quelli più languidi dell’abbandono totale, senza perdere di bellezza e senza uscire mai di misura. Richard Burton, da sempre avido lettore di Shakespeare e considerato, per le sue eccellenti doti teatrali, il degno erede di Laurence Olivier, recita splendidamente e con una dizione perfetta. Prestante e simpatico nel ruolo di Petruccio, seppur lontano dall’intensità interpretativa offerta in Chi ha paura di Virginia Woolf?, l’attore gallese conferma di essere (come se ce ne fosse stato il bisogno) un interprete di primo ordine, dimostrando che Shakespeare non è cosa per tutti (soprattutto se proposto al cinema). Franco Zeffirelli ha non solo fantasia e un brillante senso dello spettacolo, ma anche quella giusta dose di aggressività che gli permette di credere fino in fondo nel suo lavoro: un film avvincente e convincente, sicuramente un caposaldo della sua filmografia. La diva è perfetta (nonostante in realtà la protagonista non sia esattamente una bellezza) nei panni furiosi, veementi e sfacciati di Caterina, splendidamente illuminata dalla brillante fotografia di Oswald Morris e vestita con filologico gusto da Danilo Donati.