Come i seguaci irriducibili delle mostruosità su celluloide ben sanno, sebbene nel 2010 Joe Johnston abbia provveduto con Wolfman a mettere in piedi un remake de L’uomo lupo di George Waggner calando Benicio del Toro nei panni del protagonista afflitto dalla terrificante maledizione della luna piena, già sedici anni prima Mike Nichols – vincitore del premio Oscar per la miglior regia grazie a Il laureato – aveva rispolverato tramite Wolf – La belva è fuori la creatura che diede notorietà tra gli anni Quaranta e Cinquanta a Lon Chaney Jr.
Il suo film, però, non volle essere un fedele rifacimento della pellicola datata 1941, bensì una rivisitazione atta ad inserire in un contesto totalmente moderno e attuale la classica vicenda dell’individuo che, accidentalmente morso da un lupo, si ritrova progressivamente trasformato in pericoloso licantropo.
Individuo in questo caso in possesso dei connotati dell’infallibile Jack Nicholson, il quale, di ritorno al cinema di paura quattordici anni dopo Shining, ricopre il ruolo dell’editore Will Randall, lavorante nel campo dell’editoria e costretto a difendere la propria importante posizione in un ambiente spietato e falso come quello lavorativo, in cui viene improvvisamente sostituito dal giovane Stewart Swinton alias James Spader che, oltretutto, scopre avere una relazione con sua moglie Charlotte, interpretata da Kate Nelligan.
Una situazione che porta Will a trovare conforto nella bella Laura incarnata da Michelle Pfeiffer, figlia del proprietario dell’azienda per cui lavora; man mano che scopre di riuscire a vedere senza occhiali e che avverte un sorprendente sviluppo per quanto riguarda l’udito e l’olfatto.
Perché, con evidenti echi provenienti dal mito de La bella e la bestia, ha non poco peso il lato sentimentale sulle oltre due ore di visione che, accodandosi alla tendenza hollywoodiana anni Novanta del recupero dei mostri mitici del grande schermo, andarono ad aggiungersi al Dracula di Bram Stoker diretto da Francis Ford Coppola e al Frankenstein di Mary Shelley di Kenneth Branagh, anticipando di un paio d’anni il Mary Reilly di Stephen Frears che si rifece, invece, alle vicende del dottor Jekyll e del proprio alter ego Mr. Hyde.
Tutti titoli che, abbracciando a modo loro la moda che caratterizzò una certa cinematografia americana dell’orrore degli anni Quaranta, quando si tentò di rendere il genere più edulcorato e adatto al grande pubblico coinvolgendovi vere e proprie star (per intenderci, era il periodo in cui Spencer Tracy concesse anima e corpo al citato Jekyll), hanno privilegiato l’intreccio di sceneggiatura e le performance degli attori coinvolti rispetto al facile sensazionalismo da splatter ed effettistica accentuata.
Come avviene, appunto, anche in Wolf – La belva è fuori, che, pur vantando nel cast artistico il Rick Baker che si aggiudicò l’ambita statuetta degli Academy per merito dell’eccellente lavoro svolto in Un lupo mannaro americano a Londra di John Landis, non tira in ballo allungamenti di muso e trasformazioni elaborate, ma ricorre ad un look generale guardante alla vecchia maniera, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto molto vicino a quello dei comuni mortali sfoggiato dal lupo mannaro Nicholson.
E, mentre una colonna sonora a cura di Ennio Morricone accompagna il tutto, anche i momenti di violenza si svolgono fuori campo (citiamo lo scontro con i tre rapinatori) in questa interessante allegoria in salsa werewolf movie relativa al cinico universo dei professionisti in carriera che, in collaborazione con Sony pictures Home Entertainment, è CG Entertainment (www.cgentertainment.it) a rendere disponibile su supporto blu-ray.
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