I sette fratelli Cervi, un film del 1968, diretto da Gianni Puccini e ispirato a un fatto realmente accaduto della Resistenza italiana, concernente i fratelli Cervi. Il regista Gianni Puccini morì pochi mesi dopo la fine delle riprese. Il film fu a lungo boicottato dalla censura preventiva. L’aiuto regista del film era Gianni Amelio, qui alla terza collaborazione con Gianni Puccini. Con Gian Maria Volonté, Lisa Gastoni, Riccardo Cucciolla, Serge Reggiani, Carla Gravina, Don Backy, Renzo Montagnani, Duilio Del Prete. Sceneggiato da Gianni Puccini, Bruno Baratti e Cesare Zavattini, con le musiche di Carlo Rustichelli, la fotografia di Mario Montuori e i costumi di Gabriella Pescucci, I sette fratelli Cervi è un film che con profondità ed onestà racconta una delle pagine più nere della guerra civile combattuta nel nostro paese a partire dal Settembre del 1943.
Sinossi
Emilia-Romagna, 1943: durante la seconda guerra mondiale i sette fratelli Cervi, Agostino, Aldo, Antenore, Ettore, Ferdinando, Gelindo e Ovidio, contadini di Campegine, in provincia di Reggio Emilia, di estrazione cattolica ma fortemente antifascisti, formarono, insieme al padre Alcide, la cosiddetta “Banda Cervi”, che compì azioni di guerriglia contro i fascisti e contro i tedeschi. Catturati dopo che il loro casale fu circondato da numerose forze nemiche furono imprigionati a Reggio Emilia e, il mattino del 28 dicembre 1943, tutti fucilati al poligono di tiro della città dai fascisti per rappresaglia, insieme ad un compagno di prigionia.
I sette fratelli Cervi è un film di Gianni Puccini del 1968 basato sulla celebre, quanto purtroppo vera, verissima storia di sette fratelli partigiani fucilati, uno accanto all’altro, in un freddo mattino del 28 dicembre del 1943. Se per stendere il soggetto Gianni Puccini si è avvalso della collaborazione di Bruno Baratti, la sceneggiatura è stata impreziosita dalla penna di Cesare Zavattini, vecchio ed inseparabile braccio destro del De Sica “neorealista” del decennio precedente. I sette fratelli Cervi è un film che vuole, primariamente, raccontare e rendere omaggio a questi giovani martiri nella lotta per la libertà entrati da subito nell’immaginario collettivo come simbolo delle vittime della barbarie nazi-fascista. Considerato anche l’anno “caldo” nel quale il film venne girato, possiamo arguire che i partiti di sinistra, soprattutto quella più anti-governativa, vollero utilizzare il film come strumento di propaganda politica e di lotta, una testimonianza visiva ed efficacissima per risvegliare antichi e sopiti sentimenti anti-fascisti. I sette fratelli Cervi di Puccini può in parte rispondere a questa finalità ma in realtà esprime, con grande onestà intellettuale, quanto le gesta e le imprese di questi sette ragazzi fossero scollegate da qualsiasi logica di partito o da direttive superiori con cui anzi si sono sempre scontrati. Giovani, audaci, coraggiosi, onesti e antifascisti sì, ma anche credenti e mai veramente parte di un movimento politico particolare. Il film risalta in modo straordinario l’incredibile orgoglio di tutta la famiglia Cervi, un orgoglio e una dignità trasmessi ai ragazzi da due straordinari genitori che per primi insegnarono loro a non piegarsi mai alle prepotenze e alle ingiustizie della vita. Un cast di attori straordinari in cui risalta il solito ed immenso Gian Maria Volontè (Aldo), intenso e vibrante come il personaggio richiedeva; quindi, citiamo Riccardo Cucciolla (Gelindo), il fratello più saggio ed anziano, la bella Lisa Gastoni (Lucia Sarzi), che interpreta con grande sentimento la convinta pasionaria attratta dall’audace e spontanea convinzione di Aldo e, non ultima, Elsa Albani (mamma Cervi), semplicemente eccellente nella parte forse più difficile del film. I sette fratelli Cervi non è il solito film di retorica anti-fascista e partigiana, non è un mero strumento di propaganda politica, ma è un film che con profondità ed onestà racconta una delle pagine più nere e vergognose della guerra civile combattuta nel nostro paese a partire dal Settembre del 1943. Un film profondo ma anche essenziale, binomio che troviamo sintetizzato soprattutto nell’ultima drammatica sequenza, quella girata nel cortile del poligono di tiro di Reggio Emilia, il luogo della fucilazione. Una scena scarna e quasi monocorde, priva di musiche melense, primi piani forzati o altri artifici finalizzati a sollecitare l’emotività dello spettatore; una scena semplice e dignitosa così come fu piena di dignità la morte di questi sette fratelli.