Colazione da Tiffany (Breakfast at Tiffany’s), un film del 1961 diretto da Blake Edwards, con Audrey Hepburn e George Peppard, tratto dall’omonimo romanzo del 1958 di Truman Capote. Il film è unanimemente considerato uno dei più famosi del cinema del Novecento. Audrey Hepburn con la lunga sigaretta con bocchino pendente dalle sue labbra è subito diventata un’icona del cinema americano. Immagini di Holly Golightly e scene del film si trovano spesso all’interno delle caffetterie di tutto il mondo, sebbene solo il titolo e la scena iniziale del film alludano a una colazione. La sceneggiatura di George Axelrod, nominata all’Oscar, segue poco il romanzo di Capote. Capote, una volta venduti i diritti del libro (pubblicato nel 1958, tre anni prima dell’uscita del film), alla Paramount Pictures, avrebbe preferito Marilyn Monroe nel ruolo di Holly Golightly. Barry Paris ricorda di aver sentito dire Capote, una volta: «Marilyn è sempre stata la mia prima scelta per interpretare la ragazza, Holly Golightly». Quando la Hepburn venne scelta nel cast, Capote accusò la Paramount di aver fatto il doppio gioco con lui. Comunque, la scelta della Hepburn si rivelò felice, dato il successo del film e del personaggio da lei interpretato. La gioielleria Tiffany aprì di domenica per la prima volta nella sua storia, per permettere le riprese del film la mattina del 2 ottobre 1960, per non creare problemi a causa del corteo di Nikita Sergeevič Chruščёv che sarebbe passato poco dopo le riprese.
Sinossi
Holly e Paul abitano a New York nello stesso palazzo. Lei si mantiene facendo l’accompagnatrice e accettando i soldi di un boss carcerato che ne fa la sua complice ignara. Lui, scrittore in panne per mancanza di ispirazione, si fa mantenere da una matura signora benestante. Tra vari incidenti, i due cominciano un gioco di amari rispecchiamenti che li induce a iniziare una nuova vita.

Commedia sofisticata fra le più celebri degli anni Sessanta e non solo, Colazione da Tiffany è diventato un vero e proprio film di culto. Innanzitutto, è uno dei ruoli più memorabili di Audrey Hepburn, e qui la brava attrice riesce perfino a superare quanto aveva saputo fare in film come Vacanze romane e Sabrina: Holly Golightly è un personaggio divenuto icona di fascino ed eleganza, una donna libera, capricciosa e volubile, che forse non rispecchia al cento per cento il personaggio scritto da Truman Capote nel libro, molto più cinico e crudo, ma la Hollywood dell’epoca non poteva non addolcire un simile materiale nella versione per il grande schermo. Il film sembra essere più interessato alla descrizione dei personaggi che a un intreccio vero e proprio, con alcune parti che risultano un po’ lente ma mai noiose, grazie all’accorta direzione di un giovane Blake Edwards che seppe imprimere il marchio della sua regia, soprattutto nelle scene in esterni a New York che hanno il massimo di evidenza figurativa e insieme descrittiva. Hepburn dimostra di avere una gamma espressiva molto estesa, che funziona sia nelle scene più leggere che in quelle drammatiche, tanto che il film risulta essere costruito completamente in sua funzione; fra gli altri attori, George Peppard se la cava discretamente, abbastanza centrato sul personaggio, e trova forse qui il miglior ruolo di una carriera cinematografica mediocre; buono il contributo di Patricia Neal, nella parte dell’amante di Peppard, e di Buddy Ebsen nel breve ruolo del marito di Holly, mentre divertente è il personaggio di Mickey Rooney, nella parte del vicino di casa giapponese. Naturalmente da lodare l’apporto della musica di Henry Mancini, giustamente premiato con l’Oscar per la colonna sonora e la canzone Moon river. Il film resta una delle commedie romantiche più famose della storia del cinema, e se la trama e i personaggi hanno trovato una così forte risonanza emotiva nel pubblico sicuramente è per merito di una buona sceneggiatura, un’ispirata regia e un cast i cui meriti si sono già detti. Perché rivederla ancora oggi Colazione da Tiffany? Sicuramente per gli interpreti e le locations, ma anche e sopratutto per gli aspetti in controluce della vicenda, dove il materialismo eccessivo di Holly nasconde una terribile paura di vivere. Tutto poi viene di conseguenza: l’incomunicabilità, le frustrazioni esistenziali, l’arrendevolezza allo status quo. Quindi con questo film guardiamo agli anni Sessanta per rileggere il presente fra personal shopper, feste da imbucarsi, vita mondana fasulla, perdita di punti di riferimento sociali. E poi, per quell’irresistibile tocco melò provocato dalla paura d’amare, che è diretta conseguenza di quella di vivere. Edwards consacrato, Hepburn nell’empireo, Peppard romanticone, Rooney irresistibile, Mancini eterno, Capote decisivo.