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72 Festival di Cannes: Wounds di Babak Anvari, l’unico film Netflix dell’intera rassegna (Quinzaine des Réalisateurs)

Delude parecchio Wounds del regista anglo-iraniano Babak Anvari, anche sceneggiatore della storia, presentato alla Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes, dopo la sua anteprima alla scorsa edizione del Sundance

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Delude parecchio Wounds del regista anglo-iraniano Babak Anvari, anche sceneggiatore della storia, presentato alla Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes, dopo la sua anteprima alla scorsa edizione del Sundance. Unico film tra tutte le opere della rassegna principale e quelle collaterali ad essere stato prodotto e distribuito da Netflix, Wounds è la storia di una discesa agli inferi

Il protagonista Will (Armie Hammer) vive una vita apparentemente tranquilla, dividendosi tra il lavoro di barista notturno e la sua compagna un po’ scostante e disinnamorata, interpretata da Dakota Johnson, un flirt seducente che si tira indietro proprio sul più bello. Una notte qualcuno dimentica il telefonino nel locale dove lavora e così Will viene a contatto con una realtà parallela, attraverso alcune fotografie che ritraggono persone ferite profondamente, sanguinanti, e invase da insetti rivoltanti. La vita di Will inizia a traballare, ma ciò che il film non ci dice o non ci fa capire sin dall’inizio è il suo dolore, la sua vera ferita aperta, quella che dovrebbe portare il tema del film e metterlo davanti alla prova da eroe.

Se il tema viene enunciato chiaramente da Dakota Johnson (“Le persone sembrano così normali dall’esterno, ma dentro sono soltanto dei vermi“), la sceneggiatura sembra una mescolanza di elementi del genere horror, che fanno anche piacere, ma che non sviano completamente e non consentono di capirne lo sviluppo. E a mettere in scena il tema non bastano la citazione iniziale di Joseph Conrad tratta da Cuore di Tenebra o i riferimenti cari al regista, come ha detto al pubblico (ridotto) presente dopo la proiezione, il primo Cronenberg e David Lynch (qualche estimatore ha aggiunto pure Polanski).

Anche la scelta del luogo, dichiara il regista, New Orleans, è tematica: tutti hanno l’impressione che sia una città di divertimento perenne, eppure ha molti lati oscuri (che però nel film non emergono). Vero è che l’entusiasmo del giovane Anvari lascia sperare che la sua prossima opera confermerà le sue doti, già espresse nell’acclamato Under the Shadow. “Mi piace il genere horror perché per un regista è un grande parco di divertimenti, e soprattutto è un genere che consente di utilizzare metafore e allegorie“, ma il suo prossimo progetto non sarà un horror.

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