Bong Joon-ho anima il Festival di Cannes con il suo Parasite, presentato in concorso nella selezione ufficiale, un’opera che trasuda estro e originalità, sfuggendo a qualsiasi definizione nello spaziare con rara maestria tra molteplici generi e muovendosi agevolmente tra l’uno e l’altro.
Parasite è una ventata di vita nella quale si può riconoscere e respirare un’intelligenza non convenzionale, fatta contemporaneamente di violenza e di comicità, di personalità e di ironia, che sarebbe davvero riduttivo collocare nell’ambito di un unico genere.
Un cineasta versatile e non convenzionale
Non convenzionale e versatile esattamente come lo è il suo autore, se si pensa a quanto siano diverse tra loro opere come Memories of murder, Snowpiercer, Mother o il più recente Okja.
Il regista sudcoreano è capace di passare dal thriller teso alla fantascienza, dalla comicità al dramma e al grottesco, includendoli anche tutti o quasi nello stesso film come in questo caso, con una fluidità e una immediatezza mirabili.
Una narrazione tesa e avvincente
In un crescendo di divertimento che tiene viva e partecipe l’attenzione dello spettatore, Bong Joon-ho inserisce, sostenuto da una solida impalcatura costituita da una narrazione tesa e avvincente, un discorso sociale di forte impatto che acquisisce una potenza ulteriore proprio in quanto comunicato in modo così caratteristico e personale.
Il cineasta trova una modalità ingegnosa e esilarante per costruire l’incontro tra due famiglie di classi sociali opposte, che si confrontano e si interfacciano mettendo in gioco le loro dinamiche relazionali, le cui peculiarità vengono sottolineate in modo efficace e indicativo dalle loro contraddizioni e debolezze.
Il tutto è possibile grazie a un’ottima caratterizzazione dei singoli personaggi e alla naturalezza con la quale il regista riesce a farli interagire sia tra elementi della stessa famiglia che tra componenti diversi e in modo da evidenziarne sia gli aspetti affettivi che quelli disfunzionali senza mai drammatizzare e con una leggerezza sorprendente.
Gli aspetti più umani
Bong joon-ho non prende mai una posizione nettamente critica nei confronti degli aspetti più biasimabili, ma tende ad essere comunque relativamente benevolo ponendo l’accento sugli aspetti più umani nel senso più ampio del termine, che comprendono tutta una serie di comportamenti e istanze egoistiche dettate dall’imperfezione che ci caratterizza tutti indistintamente.
Questo gli consente di non scadere negli stereotipi, facendo attenzione a non identificare nessuna figura sociale dandole necessariamente una connotazione positiva o negativa, senza rinunciare a palesarne le aberrazioni pur rendendone comprensibili deviazioni ed effetti.
L’esplorazione dei rapporti
Oltre al discorso sulle diseguaglianze sociali, ve ne è anche uno più sommesso e affettivo relativo alle relazioni interpersonali, che si dispiega su un piano che vede esplorati diversi tipi di rapporti, da quello genitoriale a quello fraterno, a quello di coppia. Tutto sotteso da una verve e da una comicità che rendono la rappresentazione estremamente godibile e di eccellente qualità.
Davvero una bella prova quindi, quella di Bong Joon-ho, che si conferma un autore interessantissimo e mai scontato da tenere sempre in considerazione e perfettamente all’altezza del tenore del concorso.