Taxidrivers Magazine

Bernardo Bertolucci: no end travelling, l’omaggio di Mario Sesti al grande regista (Cannes Classics)

Così come era già accaduto per La voce di Fantozzi, Mario Sesti, attraverso un abile lavoro di composizione dei documenti, nonché grazie a un utilizzo creativo del montaggio e a un decoupage di immagini fisse che magicamente si animano, rende un sentito e significativo omaggio a uno dei più grandi registi dello scorso secolo

Published

on

Un treno ricoperto da numerose bandiere rosse che sporgono da ogni finestrino incede innanzi a noi, seguito da un carrello all’indietro ad altezza rotaie: questa è la prima, potente sequenza (esclusa dal montaggio finale di Novecento) del documentario di Mario Sesti su Bernardo Bertolucci, nato da alcuni incontri tra il critico e il regista, avvenuti nel corso degli anni. Bertolucci-Lumiere, insomma, l’inizio del cinema: il movimento del treno ha sempre incarnato la potente metafora visiva dello scorrimento della pellicola, quasi uno svelamento plastico di quel dispositivo che, a velocità sostenuta, fornisce “l’illusione” di un’immagine che magicamente si anima.

Bertolucci è stato un eterno enfant prodige, nel senso che ha mantenuto un cuore puro, di fanciullo, tant’è che nel primo degli incontri mostrati, il regista non ha esitato a definire l’atto del filmare una sorta di surrogato rispetto a quello più ancestrale e fondante dello spiare “la scena primaria”, ossia l’accoppiamento dei genitori, visione traumatica ma necessaria allo sviluppo psichico. Uno shock da superare, dunque, cercando ogni volta di fissare la realtà, o la ricostruzione di essa, sulla pellicola; un rito che dev’essere ripetuto a oltranza, sebbene già si sappia che non produrrà un esito positivo rispetto al blocco da cui ci si vorrebbe svincolare. Croce e delizia, quindi, uno scarto irriducibile che rigenera all’infinito il desiderio di mettersi dietro alla macchina da presa, creando situazioni, mondi e personaggi consegnati a un immaginario che non cessa di alimentarsi.

Piace, inoltre, “l’autarchia” di Bertolucci, il suo essersi formato non nei circuiti istituzionali, ma nel solco dell’esperienza di grandi autori, quali Pier Paolo Pasolini, di cui fu aiuto regista in Accattone (e che scrisse la sceneggiatura del suo primo film, La commare secca), Alberto Moravia e Elsa Morante. Maestri dai cui il giovane Bernardo trasse preziosissimi insegnanti che gli consentirono di esordire a soli ventun anni, circostanza più unica che rara nel panorama cinematografico italiano: un’urgenza, una necessità, la sua, più che un semplice desiderio, che lo indusse a lasciare la poesia – e quindi l’influenza del padre Attilio – per trovare la propria strada.

La commare secca (1962), Prima della rivoluzione (1964), Partner (1968), Amore e rabbia – episodio “Agonia” (1969), Strategia del ragno (1970), Il conformista (1970), Ultimo tango a Parigi (1972), Novecento (1976): questa è la scansione della filmografia del primo Bertolucci, che dalle origini pasoliniane guadagnò un’impronta sempre più personale. Dopo il clamoroso successo di Ultimo tango a Parigi con Marlon Brando, il maggior incasso di sempre nella storia del nostro cinema, Bernardo torna nella “Bassa”, nel triangolo Parma-Mantova-Padova, per rievocare quel mondo contadino della prima metà dello scorso secolo, che poi verrà magnificamente rappresentato in Novecento. Infine, la pioggia di Oscar del 1988 (nove statuette) per L’ultimo imperatore, episodio significativo e divertente della vita del regista, il quale racconta un interessante aneddoto sulla celebre serata della cerimonia.

Un film è un processo collettivo in cui tanti individui sono chiamati a fornire un contributo che poi, di fatto, ogni volta viene assorbito dalla pellicola, in cui magicamente confluisce: Bertolucci esprime la propria, intima consapevolezza circa la natura fortemente “comunitaria” del cinema, laddove l’intersoggettività è alla base della sua possibilità di esistenza, è l’imprescindibile premessa ontologica.

Così come era già accaduto per La voce di Fantozzi, Mario Sesti, attraverso un abile lavoro di composizione dei documenti, nonché grazie a un utilizzo creativo del montaggio e a un decoupage di immagini fisse che magicamente si animano, rende un sentito e significativo omaggio a uno dei più grandi registi dello scorso secolo. Bernardo Bertolucci: no end travelling è un documentario che consentirà allo spettatore di approfondire ulteriormente la conoscenza del cinema del regista, di penetrare nel suo animo, per fare esperienza, oltre che dell’immenso talento, della sua grande umanità. Il film sarà presentato al Festival di Cannes nella sezione Cannes Classics.

Commenta
Exit mobile version