DOGS DON’T WEAR PANTS di Jukka-Pekka Valkeapää, commedia horror sentimentale su bondage e sado-masochismo
C’è qualcosa di primitivo e di profondo nella sottomissione e della dominazione, che va ben oltre l’aspetto sessuale e pornografico che normalmente attribuiamo al sado-masochismo. Ce lo racconta Dogs don’t wear pants del finlandese Jukka-Pekka Valkeapää
Disponibile su MUBI,Dogs don’t wear pants di Jukka-Pekka Valkeapää , un ibrido tra horror e commedia sentimentale, ambientato nel mondo intrigante del Bondage e Disciplina, Dominazione e Sottomissione, Sadismo e Masochismo (BDSM)
C’è qualcosa di primitivo e di profondo nella sottomissione e nella dominazione, che va ben oltre l’aspetto sessuale e pornografico che normalmente attribuiamo al sado-masochismo.
Juha è un uomo che ha perso la moglie in circostanze tragiche e si ritrova a crescere la figlia piccola, a portare avanti il suo lavoro di medico.
Il tutto avviene in una lunga elaborazione del dolore, che passa per un ordine maniacale della casa, pratiche di autoerotismo disperate e una vita votata quasi alla coltivazione della disperazione.
Quando viene a contatto con Mona, una dominatrice che gode a infliggere dolore ai suoi amanti-vittime, Juha trova il suo posto nel mondo.
Inizia un percorso che lo porterà a capire in che modo, finalmente, superare la sofferenza ed esprimere se stesso.
Dogs don’t wear pants, la recensione
Con molta ironia e una sceneggiatura in cui i ruoli e le azioni sono stati ben chiari sin da subito, il regista e il cast si sono ritrovati a lavorare in un ambiente molto familiare e sicuro.
E lavorare con la giusta tranquillità è necessario per affrontare un argomento delicato, soprattutto dal punto di vista psicologico.
Il finlandese Jukka-Pekka Valkeapää si è accostato alla storia facendo delle ricerche e rivolgendosi a una dominatrice professionista.
Inoltre ha scritto di getto, aiutandosi attraverso la scrittura a capire a fondo il dolore.
Perché è di dolore che si parla in questa storia.
Dal dolore provato e non ancora elaborato che ci spinge verso altri dolori, primo fra tutti quello di chiuderci e di non ascoltarci; a quello maturato e riutilizzato per vivere meglio, con una nuova consapevolezza, per affrontare più forti, forse, nuovi dolori.