Ortigia Film Festival

‘Il bell’Antonio’: le coppie in crisi in una Italia che non c’è più

Liberamente tratto dall’omonimo romanzo di Vitaliano Brancati, Il bell’Antonio (1960) è uno dei migliori film di Mauro Bolognini, grazie anche alla sceneggiatura di Gino Visentioni e Pier Paolo Pasolini e alle ottime interpretazioni dei protagonisti, Marcello Mastroianni e Claudia Cardinale

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Il bell’Antonio, un film del 1960 diretto da Mauro Bolognini, liberamente tratto dall’omonimo romanzo di Vitaliano Brancati. Il lungometraggio verrà proiettato in occasione dell’Ortigia Film Festival, come fuori concorso.   Rispetto al romanzo di Brancati (che, deceduto nel 1954, ebbe comunque attribuito postumo il soggetto del film), la vicenda è spostata di una trentina d’anni, ovvero nella Catania dei primi anni sessanta, e i fatti narrati nel libro sono sintetizzati e accorpati, quando non omessi del tutto. Viene, inoltre, ovviamente sorvolata la critica antifascista, che svolgeva un ruolo predominante nell’opera di Brancati, e la vicenda si svolge con tempistiche molto più ravvicinate. Sceneggiatura di Gino Visentioni e Pier Paolo Pasolini.  Alla fotografia di Armando Nannuzzi; montaggio di Nino Baragli; costumi di Piero Tosi; musiche di Piero Piccioni; prodotto da Alfredo Bini. Con Marcello Mastroianni, Claudia Cardinale, Pierre Brasseur, Tomas Milian, Rina Morelli.

Sinossi

Il bell’Antonio Mangano (Mastroianni) torna a Catania da Roma, preceduto da fama di dongiovanni, per sposare la splendida e apparentemente ingenua Barbara (Cardinale). Dopo un po’ viene fuori che lui è impotente e lei dunque ancora vergine. I parenti di Barbara ci vedono allora l’occasione di un buon affare.

Adattando il romanzo di Brancati, Bolognini e i suoi sceneggiatori, Pasolini e Visentini, trasportano l’azione dalla fine degli anni Trenta alla fine dei Cinquanta. Non cade, tuttavia, la tematica del fascismo, che sopravvive, postumo, soprattutto nella figura del padre del protagonista, il quale sostiene di essere stato, in passato, eletto federale di Catania, avendo avuto “il merito” di aver copulato con nove ragazze in una sola notte. Tanto che l’uomo, ferito nell’onore, cercherà la morte tra le braccia di una prostituta, pur di provare la virilità dei maschi Magnano.

Il bell’Antonio è uno dei migliori film di Mauro Bolognini, nonostante siano state eliminate parti importanti del romanzo (per fare un paio di esempi: la crisi isterica della servetta che accusa Antonio sedicenne di averla compromessa, oppure l’episodio in cui la madre del protagonista si sente dire dal prete che per il figlio ci sarebbe da augurarsi che il Signore lo facesse morire, perché sconvolge le donne alla messa).

La riuscita è anche, e soprattutto, merito degli interpreti, in particolare all’ottimo Pierre Brasseur, che interpreta il rubizzo padre di Antonio, patetico laudator temporis acti, e a Marcello Mastroianni, il cui minimalismo recitativo sembra adattarsi alla perfezione quale antidoto all’ipocrisia della società (non soltanto siciliana) descritta, pronta a riabilitare la reputazione di un giovane di fronte alla gravidanza inattesa di una domestica. Ottima la sequenza del funerale del nonno di Barbara. Bolognini dirige un film più crepuscolare che mordace. Ma la malinconica Catania fotografata da Nannuzzi e la languida fotogenia dei protagonisti gli danno comunque una certa atmosfera.

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