Ombre rosse di John Ford (Stagecoach), un film del 1939 diretto da John Ford. La sceneggiatura, scritta da Dudley Nichols adattando il racconto di Ernest Haycox La diligenza per Lordsburg (1937), segue un gruppo di estranei che attraversa il pericoloso territorio Apache su una diligenza. Il film ha come protagonisti Claire Trevor e John Wayne nel ruolo che lo rese celebre, e fu il primo di molti western che Ford girò usando come location la Monument Valley. Proiettato in anteprima a Los Angeles il 2 febbraio 1939 e distribuito negli Stati Uniti dalla United Artists il 3 marzo, Ombre rosse fu riconosciuto come un’opera importante che trascende il genere western. Nel 1995 il film fu ritenuto “culturalmente, storicamente o esteticamente significativo” dalla Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti e selezionato per la conservazione nel suo National Film Registry. Il film vinse due premi Oscar nel 1940 (miglior attore non protagonista a Thomas Mitchell, miglior colonna sonora a Richard Hageman, W. Franke Harling, John Leipold e Leo Shuken).
Sinossi
Una diligenza parte da Tonto verso Lordsburg. A bordo ci sono una prostituta, la moglie incinta di un militare, un baro, un truffatore e un medico alcolizzato. Per strada si aggiunge il pistolero Ringo. Ma lungo il percorso, sotto gli attacchi degli indiani, questa umanità di peccatori saprà trovare riscatto. La moglie dell’ufficile partorisce grazie al medico, e Ringo va incontro a una sparatoria decisiva con i fratelli Plummer.
Erano trent’anni che il cinema americano dava in pasto questo genere al pubblico e si riteneva di aver raggiunto la saturazione. Tratto da Stage to Lordsburg, un racconto di Ernest Haycox che colpì John Ford per le potenzialità psicologiche dei personaggi, Ombre rosse finì nelle mani del produttore indipendente Walter Wanger della United Artist che approvò il progetto. Il racconto di Haycox era ispirato a Palla di Sego (Boule de suif) di Guy de Maupassant, dove una prostituta in fuga dagli invasori prussiani si ritrova a viaggiare su di una carrozza nel disprezzo e nella diffidenza dei passeggeri. Da dove derivano allora le ombre del titolo? Sono un’invenzione tutta italiana, il titolo originale del film è, infatti, Stagecoach, che tradotto significa “diligenza”, la carrozza per lunghi viaggi dove interagiscono i protagonisti della storia. La diligenza, mezzo di trasporto tipico dell’iconografia western, è trasformato da Ford in un brulicante microcosmo, specchio di una società, al pari del saloon, della fattoria e del fortino. Luoghi, questi, dove si intrecciano storie e dove si incontrano tutti coloro che contribuiscono, nel bene e nel male, a creare un mondo nuovo. Il regista non è interessato al conflitto etnico tra bianchi e pellerossa ma a quello sociale: tra pregiudizi e necessità racconta l’America durante il New Deal roosveltiano. La diligenza è un’efficace metafora della società dell’epoca, un mondo variegato per ceto, origini e cultura, in cui solo l’unione delle forze può permettere di superare ogni ostacolo e dare a tutti una possibilità di riscatto. Ombre rosse è un atto di accusa verso l’epoca precedente a Roosvelt, contro l’ipocrisia sociale e l’emarginazione nei confronti dei più deboli, gli esclusi della società, che non a caso sono i veri protagonisti del racconto: sono persone disperate ed emarginate, outsiders segnati dalla vita o dalla giustizia degli uomini, che hanno avuto guai con la legge o finiranno per averne, individui che nel pericolo dimostreranno di non essere ciò che sembrano, e che alla fine vedranno attuarsi una vera e propria nemesi. Questa, almeno, è una delle possibili letture che si possono fare di un film d’azione stranamente attento alla definizione psicologica dei nove personaggi principali. La metafora della società americana è tutt’altro che facile da leggere e i protagonisti rappresentano sicuramente un campionario umano ben più vasto del loro esiguo numero. Certi hanno visto nella diligenza di Ford l’America che per necessità deve mettere da parte le divisioni in vista dell’imminente conflitto mondiale, ma questa, probabilmente, è una lettura influenzata da una visione troppo attenta ad avvenimenti storici successivi che erano tutt’altro che scontati. Più plausibile è ritenere la diligenza il simbolo dell’America moderna che avanza e contrasta la natura selvaggia del West, ma si tratta pur sempre di una lettura molto generica. Come tutti i classici, insomma, il film di Ford si presta a letture di ogni genere. Per quanto riguarda l’aspetto tecnico Ford crea dinamismo senza muovere la macchina da presa, sono il tipo d’inquadrature e soprattutto i primi piani a fare la differenza. Diffuso, infatti, all’epoca era il piano medio americano, che consisteva nel riprendere l’attore sempre dalle ginocchia in su per lasciare inquadrata la pistola. Ford ignora questa convenzione e si concentra sulle espressioni degli attori. Altra cosa a cui si affida sono le immagini prive di dialogo. Molte cose ci vengono comunicate dall’azione e dalle inquadrature più che dalle battute, che in certi casi sono addirittura superflue. Due sono i movimenti di macchina che rimangono impressi: lo zoom improvviso all’ingresso dell’ancora semi-sconosciuto John Wayne, volto a sottolineare l’importanza del personaggio, e la panoramica rapida dalla diligenza agli indiani, che esprime la minaccia improvvisa del nemico, entrambe apprezzabili solo nella versione restaurata. Ombre rosse è considerato il 2001: odissea nello spazio del western, ossia il film fondamentale che ha nobilitato definitivamente un genere considerato minore. Ebbe un grande successo di pubblico e critica e vinse due premi Oscar. Ford realizzò dal punto di vista dei contenuti e della tecnica un film fuori dall’ordinario, quasi visionario nel suo anticipare certe caratteristiche tipiche del cinema successivo (Sergio Leone). Non a caso è l’unico western degli anni Trenta che può rivaleggiare sotto tutti gli aspetti con la produzione dei due decenni seguenti. Il film celebra virtù eroiche e valori familiari, adotta un uso plastico del paesaggio e una mirabile tecnica dell’azione, fondando l’orizzonte narrativo e ideologico del western maturo. Il film è considerato degno di nota nella storia del cinema solo assieme a pochi altri, dal 1939 bisogna arrivare, infatti, al 1956, ossia fino a Sentieri selvaggi per avere una certa considerazione da parte della critica.