Gosford Park, un film del 2001 diretto da Robert Altman e interpretato da Maggie Smith e Michael Gambon. Il film ha ottenuto sei candidature e vinto un Premio Oscar per la miglior sceneggiatura (Julian Fellowes), cinque candidature e vinto un Golden Globe per la miglior regia, otto candidature e vinto due premi Bafta (Miglior film britannico a Robert Altman, Bob Balaban e David Levy, Migliori costumi a Jenny Beavan); infine, ha vinto un Nastro D’Argento (Migliore regia a Robert Altman). Con Michael Gambon, Kristin Scott Thomas, Jeremy Northam, Maggie Smith, Ryan Phillippe, Helen Mirren, Emily Watson, Stephen Fry.
Sinossi
A Gosford Park bellissima tenuta di campagna sir William McCordle e la moglie Sylvia organizzano una festa destinata a durare tutto il weekend. Una contessa, un eroe della Prima guerra mondiale, un idolo delle folle e il produttore americano dei film di Charlie Chan sono gli ospiti che affollano la villa. Tutto sembra procedere per il verso giusto, fino a che non viene commesso un omicidio.
Finto giallo alla Agatha Christie con una trentina di personaggi in scena che si risolve in un apologo sui conflitti di classe nell’Inghilterra a cavallo fra le due guerre. Molte delle vicende che si innestano e si ripercuotono sulla trama principale sono volte a svelare le complesse relazioni tra la nobiltà e la servitù, sia al loro interno che dell’una nei confronti dell’altra, mostrando l’ipocrisia dei comportamenti pubblici ingabbiati nei rituali della società e giocando in maniera sottile sui costumi sessuali all’epoca dell’inizio del declino dell’impero britannico. Una storia corale che conta ventisei personaggi principali, intessuta attorno a una sceneggiatura articolata e impegnativa, che scorre tuttavia in modo fluido sotto lo sguardo vigile di Altman, invisibile nella sua direzione distaccata e discreta, che lascia allo spettatore il giudizio sull’ipocrisia, la meschinità e la miseria umana che, paradossalmente, colpiscono più i giocatori nobili di Gosford Park, piuttosto che la “squadra” dei servitori. La storia è pura finzione, ma il personaggio di Ivor Novello è ispirato all’omonimo attore, realmente esistito, di cui molte canzoni compaiono nella colonna sonora. Messa in scena genialmente virtuosistica che riesce a dare il giusto spazio a ogni attore-personaggio (tutti bravissimi), indubbio gusto ed eleganza nell’orchestrazione dei vari segmenti narrativi con un fondo amarognolo dovuto alla lucida radiografia di un mondo che non conosce vie di mezzo fra i piani superiori e quelli inferiori. Robert Altman dimostra ancora un indubbio piacere nel raccontare storie attraverso mezzi squisitamente cinematografici e si concede perfino qualche omaggio di lusso, come quello a Renoir e alla sua La regola del gioco nella scena della caccia. Fra gli attori, menzione d’onore almeno a Maggie Smith, Helen Mirren, Emily Watson e, molto interessante, il giovane Clive Owen (che infatti farà strada negli anni successivi). Un buon successo di pubblico anche in patria (decisamente meglio al box-office di tanti altri fiaschi altmaniani), ma un solo Oscar per la migliore sceneggiatura, nell’anno in cui vinse A beautiful mind.