Per la prima volta nella storia inglese la giovane classe operaia si fece sentire e disse “Noi siamo qui, questa è la nostra società e non ce ne andremo”.
Erano gli anni Sessanta a Londra, dove vi furono l’esplosione della cultura pop, la diffusione della minigonna, lo sviluppo di una certa fame creativa e lo scoppio della Beatlemania.
È ciò che il documentarista David Batty racconta in My generation, visto nelle sale cinematografiche italiane nel Gennaio 2018 e che, introdotto dall’omonima hit degli Who e diviso in atti, vede in qualità di narratore l’attore premio Oscar Michael Caine, all’anagrafe Maurice Joseph Micklewhite.
Un Caine che, figlio di una madre domestica e di un padre che lavorava al mercato del pesce, oltre a rivelarci come sia nato il suo pseudonimo non manca di ripercorrere il periodo in cui interpretò Alfie di Lewis Gilbert e di commentare la propria unica esperienza con la marijuana.
Come pure, tra dichiarazioni audio dei Beatles e di Roger Daltrey, frontman dei già citati Who, vengono allo scoperto le esperienze con le droghe provate sia da questi ultimi che da Paul McCartney.
E, se, tra immagini del chitarrista Pete Townshend, di Mick Jagger e di David Bowie, Daltrey ricorda anche di quando, insieme agli altri elementi della sua band, si costruirono da soli le prime chitarre, non bisogna dimenticare che I wanna be your man venne data ai Rolling stones dai Beatles.
I Beatles di cui, tra l’altro, ascoltiamo Strawberry fields forever all’interno della ricchissima colonna sonora di questa oltre ora e venti di assemblaggio di immagini di repertorio e interviste, in mezzo a ribellione dei capelli lunghi e barriere culturali crollate per lasciar comparire una generazione completamente nuova.
Una ricchissima colonna sonora spaziante da You really got me dei Kinks a Sunshine Superman di Donovan, passando per l’inno stonesiano (I can’t get no) Satisfation, Gimme some lovin’ dello Spencer Davis Group, I feel free dei Cream, Here comes the nice degli Small faces e We gotta get out of this place degli Animals.
Gruppo, quest’ultimo, di cui vediamo interpellato anche il dotatissimo cantante Eric Burdon, il quale va ad incrementare ulteriormente un corposo comparto di volti che, oltre ad una giovanissima Joan Collins e alla stilista Mary Quant, include Sandie Shaw, Marianne Faithfull, l’illustratore Alan Aldridge e le modelle Twiggy Lawson, Penelope Tree e Joanna Lumley.
Senza contare i fotografi David Bailey e Terence Donovan e, non ultimo, l’artista Dudley Edwards, il quale rievoca il momento in cui si volle portare colore alla città britannica quando, appunto, s’imposero questi giovani anticonvenzionali e pieni di energia che non facevano parte di una élite aristocratica ingessata e lontana dalla realtà.
Perché la giovinezza non è un momento della vita, bensì una condizione mentale, come intende ribadire questo tanto interessante quanto ritmato viaggio nella mitica Swinging London che è Mustang Entertainment (www.cgentertainment.it) a rendere disponibile su supporto dvd.
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