Dimenticatevi gli spaghetti western di Sergio Leone, le classiche battaglie tra cowboy e tribù indiane e tutto quello che ci sta in mezzo. Le scelte registiche di Jacques Audiard lo portano lontano, anche se di certo non intende riscrivere il genere: si limita a vederlo attraverso un prisma nuovo, personale, allontanandosi tanto dalla classica figura del pistolero (esplorata invece, sempre quest’anno, dai fratelli Coen nella loro opera antologica La ballata di Buster Scruggs) quanto da quella del sanguinoso bandito di frontiera. Joaquin Phoenix e John C. Reilly potrebbero non essere ovvie scelte per interpretare due fratelli, ma il regista francese ha deciso di considerarli come tali in The Sisters Brother.
I due attori veterani di commedie e drammi sono perfettamente in grado di dare un senso agli abili ma semplici assassini, Charlie (Phoenix) e Eli Sisters (Reilly). Basato su un romanzo di Patrick deWitt, The Sisters Brothers mescola ambiziosamente umorismo, dramma, azione e serenità artistica in un insieme irritante ma stranamente avvincente che lascia gli spettatori incollati allo schermo fino alla fine. Ambientato nel 1851, al culmine della corsa all’oro, questi due fratelli di mezza età sono una squadra, nata dalla violenza in un mondo violento. Eli e Charlie non sono sofisticati, ma sono molto bravi in ciò che fanno – uccidere la gente prima che li uccida. Come spiega Eli a un certo punto, una volta ucciso un uomo, hanno un padre, amici e un numero qualsiasi di persone che proveranno a darti la caccia. E il ciclo di uccisioni continua con questa logica. Lavorano per una figura oscura che chiamano il Commodoro che dà loro un lavoro e loro si prendono cura di lui. Quest’ultimo ha arruolato uno scout, John Morris (interpretato da Jake Gyllenhaal), per rintracciare un chimico, Hermann Kermit Warm (un empatico Riz Ahmed), che verrà poi consegnato ai fratelli Sisters per essere apparentemente torturato. Warm ha scoperto una formula chimica che facilita la ricerca dell’oro, ma ci sono alcuni uomini pericolosi che vorrebbero rubare la sua idea. La storia non va come previsto e tra gli uomini si formano tenui amicizie e legami.
Il regista rende alcune interessanti conversazioni, momenti e un climax sfrontato. La cosa più sorprendente di The Sisters Brothers è l’umorismo. In questa accoppiata Eli è quello più intelligente, quello che desidera stabilità, moglie e una vita più tranquilla. Il prezioso oggetto che possiede è una sciarpa rossa che gli è stata data da una donna che ama. Charlie lo prende in giro senza pietà per ciò. Charlie è l’ubriaco, il violento e quello che Eli si è rassegnato a proteggere a causa di un incidente nella loro infanzia. Ci si sorprende quasi di quanto Eli si preoccupi di Charlie nel corso di questo viaggio, e, ancora una volta, questo sentimento lo si prova grazie al lavoro di Phoenix e Reilly che gestiscono in modo eccellente i vari toni del film. E naturalmente i paesaggi sono tutti magnifici. Le musiche sono affidate invece al compositore franco-greco Alexandre Desplat che aveva già collaborato con Audiard a Il profeta.
C’è molto amore in questo film, anche se non in modo plateale (e la mancanza di relazioni romantiche e personaggi femminile potrebbe ingannare). Si parla, però, di devozione per una donna lasciata alle spalle, che sia una madre o un’amante; di cameratismo che si dipana nei momenti di difficoltà come una bellissima foresta. E sicuramente un forte sentimento fraterno come il titolo stesso indica. Ciascuna delle declinazioni di un sentimento tanto complesso trova posto ed espressione tra un duello e una rissa da saloon, tracciando i contorni di un quadro emotivamente coinvolgente sullo sfondo dei paesaggi mozzafiato della California della metà ‘800, una terra in costruzione, ancora libera, avventurosa e selvaggia.
Ilaria Piva