Paisà è una pellicola cinematografica a episodi del 1946 diretta da Roberto Rossellini.
Seconda pellicola della Trilogia della guerra antifascista, è considerata una delle vette del cinema neorealista italiano; girata con attori prevalentemente non professionisti, rievoca l’avanzata delle truppe alleate dalla Sicilia al Nord Italia; è costituita di 6 episodi: Sicilia, Napoli, Roma, Firenze, Appennino Emiliano, Porto Tolle.
I premi di Paisà
È stata candidata ai Premi Oscar 1950 per la migliore sceneggiatura originale. Paisà è stato inserito nella lista dei 100 film italiani da salvare, che è nata con lo scopo di segnalare “100 pellicole che hanno cambiato la memoria collettiva del Paese tra il 1942 e il 1978”.
Dopo Roma città aperta Federico Fellini collabora nuovamente con Roberto Rossellini e Sergio Amidei alla sceneggiatura; inoltre in questa pellicola ricopre il ruolo di aiuto regista, girando anche alcune scene. Da quello che racconta Fellini, nella sua autobiografia Fare un film, la produzione della pellicola è stata possibile grazie a un produttore americano, arricchitosi con la distribuzione della precedente opera di Rossellini, Roma città aperta, negli Stati Uniti; si dice che l’abbia visionato in Italia mentre faceva il soldato durante la guerra, rimanendo esterrefatto per la bellezza dell’opera.
Con William Tubbs, Harriet Medin, Maria Michi, Gar Moore, Carmela Sazio, Dots Johnson, Dale Edmunds, Giulietta Masina.
La trama di Paisà
Nel 1943 gli alleati sbarcano in Sicilia; nella Napoli occupata dagli alleati uno sciuscià ruba le scarpe a un soldato di colore. Roma: una storia d’amore tra una prostituta e un soldato americano. A Firenze tedeschi e partigiani si combattono sui tetti della città tagliata in due dal fronte. Dopo una parentesi in un convento sull’appennino emiliano, approdiamo sul delta del Po mentre infuria la lotta partigiana. Il film è composto da sei episodi che ripercorrono un momento della storia italiana seguendo il cammino degli alleati dal Sud verso il Nord. È anche uno dei titoli fondamentali del cinema neorealista. Alla sceneggiatura collaborarono anche Federico Fellini e Vasco Pratolini.
La recensione
Neorealismo allo stato puro, eccellente, magistrale e a volte commovente. Roberto Rossellini documenta la liberazione con un realismo estremo (le lotte dei partigiani) e un profondo senso del racconto, visto dalla parte della gente, di chi fa veramente la “storia”, i poveri, i soldati al fronte. Il regista narra in modo coinvolgente una situazione che non si è ancora stabilizzata e compone una rilettura quanto mai reale di un evento storico fondamentale per la nostra nazione. Mirabili le sequenze nella Firenze occupata, piena di sensibilità e ironia quella del convento, crudo e apocalittico l’ultimo episodio (il più violento dei sei).
Un capolavoro, non c’è altro da dire. Uno dei film-chiave del movimento della carriera di Rossellini. Definito giustamente dal Morandini “un potente affresco collettivo che ha le sue punte alte nell’episodio fiorentino e soprattutto in quello finale“.
Gli episodi di Paisà
I sei episodi vanno a comporre un affresco ampio e sfaccettato dell’Italia alla fine della Seconda guerra mondiale e testimoniano della felicità creativa e delle ambizioni artistiche del regista dopo il successo di Roma città aperta.
L’episodio iniziale risulta drammaticamente efficace e trova accenti di assoluta sincerità nell’incontro fra la ragazza siciliana e il soldato americano, nel loro dialogo smozzicato e nella mimica gestuale per far comprendere qualcosa all’altro, pur ignorandone la rispettiva lingua. Anche l’episodio napoletano è indimenticabile nella contrapposizione fra il bambino poverissimo e il soldato negro ubriaco, con una capacità di rappresentare l’ambiente di miseria che lascia il segno.
L’episodio fiorentino è notevolissimo e ha cadenze documentaristiche che ci riportano al clima di guerriglia partigiana che si respirava nelle città in quel triste periodo. L’episodio finale sul delta del Po è stato unanimemente considerato il migliore, quindi non posso che associarmi a questo giudizio, anche se bisogna comunque sottolineare la frammentarietà dell’azione, che, per essere seguita agevolmente, esige la massima attenzione da parte dello spettatore. Gli episodi romano e romagnolo sembrano meno riusciti.
In realtà, non è così, perché nell’analisi complessiva “la grandezza incommensurabile dell’opera sta proprio nell’essere un quadro unico di quel vissuto storico nazionale, un mosaico fatto di tanti tasselli geografici, situazionali, emotivi, a comporre una sinfonia sensorialmente compatta“.