Inizialmente, a dirigerlo doveva essere Mark Romanek, autore del thriller One hour photo, e nelle sale cinematografiche italiane approdò nel Febbraio 2010, proponendosi di rispolverare la tradizione dei monster movie precedenti agli anni Cinquanta che videro al proprio centro, tra gli altri, il Dracula di Bela Lugosi, il Frankenstein di Boris Karloff e l’uomo lupo di Lon Chaney jr.
Del resto, è proprio al personaggio interpretato da quest’ultimo, nel 1941, sotto la regia di George Waggner che Benicio Del Toro si rifà per incarnare il Talbot protagonista di Wolfman, a firma del Joe Johnston cui si devono, tra gli altri, Tesoro mi si sono ristretti i ragazzi e Jumanji.
Il Talbot che, nobile tormentato dal proprio passato, nell’Inghilterra dell’Ottocento fa ritorno alla tenuta di famiglia per accorrere in aiuto di Gwen Conliffe alias Emily Blunt, promessa sposa del fratello misteriosamente scomparso; trovandosi prima a riunirsi al padre a lui estraneo, dalle fattezze di Anthony Hopkins, poi ad essere aggredito da una sanguinaria creatura in possesso di una forza bruta che arriva a trasmettergli l’antica maledizione del licantropo, portandolo a trasformarsi in lupo mannaro durante le notti di luna piena.
Lupo mannaro il cui look pare ricalcare in maniera fedele l’uomo lupo introdotto ad inizio anni Sessanta nella produzione Hammer L’implacabile condanna di Terence Fisher, dalla quale sembrano anche essere riprese determinate situazioni come quella che lo vede camminare sul cornicione di un edificio.
Un look curato dall’infallibile Rick Baker che si aggiudicò il premio Oscar per Un lupo mannaro americano a Londra di John Landis, in questo caso citato in una sequenza che rilegge quella lì proposta del massacro di Piccadilly Circus e le cui ancora oggi innovative trasformazioni – tra deformazioni degli arti e del viso – vengono qui digitalmente rilette in una fusione con le più classiche appartenenti proprio al film di Waggner e ai suoi vecchi derivati.
Man mano che, un po’ come è solito fare anche Joe”Gremlins”Dante, Johnston sfrutta elementi tipici dei b-movie e dell’exploitation su celluloide per trasferirli in quella che è una grossa produzione hollywoodiana, ulteriormente coadiuvato dalle cupe atmosfere garantite dalla fotografia di Shelly Johnson.
Infatti, se da un lato descrive il progressivo innamoramento di Talbot nei confronti di Gwen, dall’altro non manca di sfruttare una indispensabile e mai gratuita dose di spargimenti di liquido rosso, frattaglie arti e teste mozzate.
E, nei panni di Aberline, sospettoso ispettore di Scotland Yard arrivato sul posto per indagare sulla serie di uccisioni, è l’Hugo Weaving della trilogia Matrix a completare il cast di un discretamente ritmato e tutt’altro che noioso werewolf revival che, in collaborazione con Universal, è CG Entertainment (www.cgentertainment.it) a rendere disponibile su supporto blu-ray.
Un’edizione in alta definizione che non solo offre l’insieme sia nella sua versione cinematografica che in quella estesa comprensiva di oltre un quarto d’ora in più, ma dispensa una ricca sezione extra spaziante da due finali alternativi all’opzione U-Control per la fruizione interattiva dei contenuti speciali.
Senza contare cinque scene tra eliminate ed estese, dodici minuti in cui il cast parla della preparazione di questo remake, altrettanti dedicati al lavoro del sopra menzionato Baker, quindici di viaggio nell’evoluzione delle trasformazioni licantropiche sullo schermo, otto riguardanti le riprese più adrenaliniche di Wolfman, funzioni BD Live e perfino un’applicazione che consente di trasformare l’i-phone o l’i-pod touch in un telecomando virtuale per guardare il materiale in qualsiasi posto.
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