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Il futuro della sala cinematografica: strategie concrete per evitarne l’estinzione

Più aumenterà l’offerta on line, più sale chiuderanno: questo è un semplice ma realistico ragionamento, a partire dal quale è necessario elaborare nuove strategie che tutelino il valore dell’opera cinematografica, la quale, rispetto ad altri settori dell’arte, è ancorata ontologicamente alla “liturgia” della visione comunitaria della sala, laddove in essa si realizza la possibilità di vivere appieno il rapporto tra spettatore e film

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Le forme mutano, si evolvono, animate da veloci linee di fuga che ne ridelineano ogni volta i contorni. Se è vero che l’enorme sviluppo dei mezzi di comunicazione ha cambiato, se non proprio rivoluzionato, le nostre vite, in vista di una maggiore fluidità della circolazione delle informazioni della più svariata natura, continuare a intonare un lamento nostalgico risulta quanto mai sterile. Chi scrive non è un consumatore accanito delle nuove modalità di offerta cinematografica – lo streaming on line -, eppure non può fare a meno di tentare di pensare un avvenire verosimile circa il rapporto tra spettatore e film. Il dato da cui partire è chiaro: l’affluenza nella sale, almeno nel nostro paese, è in netta diminuzione e, probabilmente, questa è una tendenza che continuerà a crescere. Ma sarebbe ingenuo spaventarsi, piuttosto bisognerebbe fin da ora prevedere uno scenario di coesistenza possibile tra vecchie e nuove forme di fruizione.

Più aumenterà l’offerta on line, più sale chiuderanno: questo è un semplice ma realistico ragionamento, a partire dal quale è necessario elaborare nuove strategie che tutelino il valore dell’opera cinematografica, la quale, rispetto ad altri settori dell’arte, è ancorata ontologicamente alla “liturgia” della visione comunitaria della sala, laddove in essa si realizza la possibilità di vivere appieno il rapporto tra spettatore e film: l’intersoggettività costituente della fruizione cinematografica è un elemento fondante compreso nell’essenza stessa della natura dell’opera filmica. Federico Fellini, già ai tempi dell’invasione televisiva degli anni Ottanta, denunciò con chiarezza il rischio che si paventava, ovvero che lo spettatore divenisse incapace di prestare un’attenzione duratura, vittima di continue distrazioni che, nello specifico, erano provocate dalla dilagante pubblicità. Aggiornando quel giusto rammarico del regista riminese, oggi si potrebbe dire che la “distrazione” è penetrata in ogni sfera dell’esistenza e, più in generale, il vorticoso aumento degli stimoli veicolati dalla rete (social, messaggerie, chat e quant’altro) ha abbassato drammaticamente la capacità di concentrazione dei singoli verso qualsiasi argomento, di qualunque natura esso sia. Quindi, per evitare che si verifichi l’inquietante profezia di Albert Einstein (“Temo il giorno in cui la tecnologia andrà oltre la nostra umanità: il mondo sarà popolato allora da una generazione di idioti”), è necessario un intervento specifico che consenta di tenere in vita, giustapponendole alle nuove, le precedenti modalità di fruizione. Senza incagliarsi in inutili nostalgie, probabilmente ciò che è più opportuno fare in questo momento è pensare concretamente al futuro, che non è tra vent’anni ma adesso. Si rende più che mai auspicabile un intervento delle istituzioni competenti che impedisca l’estinzione delle sale cinematografiche, attraverso forme mirate di finanziamento e, più in generale, scongiuri il triste vaticinio del fisico e filosofo tedesco.

Non si può tornare indietro, sarebbe ridicolo, così come lo è stato l’atteggiamento del Festival di Cannes nei confronti dei film prodotti dal colosso Netflix, mentre, invece, molto più lungimirante si è dimostrata la Mostra del Cinema di Venezia con una reazione flessibile che ha prodotto risultati positivi. Certo, sarà poi possibile anche introdurre nuove norme che regolino con efficacia il proliferare delle modalità di fruizione contemporanee (potremmo anche chiamarle di “consumo”, però dovremmo aprire un altro spinosissimo capitolo), ma il nocciolo della questione è che non bisogna resistere al cambiamento, piuttosto lo si deve guidare con lucidità. Chi scrive si rende ben conto della generalità delle sue osservazioni, ma ritiene altresì che possano essere approfondite e rese operative da un piano che si adoperi concretamente verso gli obiettivi di cui sopra. Il tutto nell’interesse della salvaguardia del valore dell’opera cinematografica e, anche e soprattutto, della soggettività degli spettatori, i quali non possono essere ridotti al ruolo di meri consumatori.