Cronaca di un amore è un film del 1950 diretto dal regista Michelangelo Antonioni.
Il primo lungometraggio: Cronaca di un amore
È stato il primo lungometraggio diretto dal regista ferrarese, con Lucia Bosé, Massimo Girotti, Gino Rossi, Marika Rowsky. Girato tra Ferrara e Milano questo film è l’opera prima di Michelangelo Antonioni, in cui la struttura vagamente gialla è piegata a una indagine esistenziale e sociale. A prima vista sembra solamente un noir. Ma lo stile, fatto di lunghe inquadrature e di silenzi, fa capire ampiamente che è nato un grande autore. Lucia Bosé è giovanissima e bellissima.
La trama
Un industriale milanese ingaggia un investigatore per verificare il passato della moglie Paola (Lucia Bosé). Viene a galla così una passione giovanile della donna per un suo compagno di collegio, Guido (Massimo Girotti). Costui, resosi conto della situazione, rintraccia Paola per avvertirla e l’antica passione rinasce. Ma Paola adesso propone a Guido di uccidere il marito troppo curioso.
Cronaca di un amore è già un’opera già matura. Ecco perché é un film da vedere
Il primo film di Michelangelo Antonioni è già un’opera matura e ben realizzata, che non si direbbe girata da un esordiente in virtù della sicurezza tecnica ed espressiva del suo linguaggio, con piani sequenza e movimenti di macchina che sembrano anticipare di una decina di anni quelli dei registi della Nouvelle Vague. E anche il commento musicale di Giovanni Fusco fa pensare al jazz di Martial Solal di Fino all’ultimo respiro di Godard.
Tuttavia, è un film di Antonioni al cento per cento: già dominano l’alienazione e la deriva di una borghesia chiusa in un mondo di privilegi che la isolano dalla realtà, anticipando di un decennio l’incomunicabilità dei film con Monica Vitti. Cronaca di un amore ha la scorza di un noir ma, in realtà, è un dramma cupo e pessimista, segnato da una visione nerissima dell’esistenza: i due amanti si portano dietro una colpa che li tormenterà fino alla fine, nonostante il loro piano criminoso non si realizzi. Si potrebbe pensare quasi a Bresson, se l’universo di Antonioni non fosse rigidamente estraneo alla trascendenza.
Altri autori con stesse tematiche
Siamo già in piena alienazione, qualche anno prima di Viaggio in Italia di Roberto Rossellini (dal quale comunque, e ovviamente, Antonioni è partito); il menage a trois e la deriva criminale presenti nel copione rimandano, invece, a Ossessione, ma siamo lontani dall’eloquente simbolismo politico-ideologico di Luchino Visconti. A chi dovesse trovare troppo “sentimentale” il film, ricordi che uscì nell’era dei melodrammi popolari di Raffaele Matarazzo e ovviamente non fu compreso: ancora oggi vale per lo spirito quietamente tragico che si porta appresso, per il senso di tedio esistenziale (ben espresso dal bellissimo volto della Bosé), per la presenza invisibile ma assillante della morte, per il modo raffinato, ma mai pretestuoso, con cui Antonioni si serve del piano-sequenza per intrappolare i personaggi nelle loro miserie morali.
Buone le interpretazioni degli attori, soprattutto Massimo Girotti, che dimostra anche qui di non essere solo un “bello”, come già nei film di Visconti (anche se il doppiaggio di quasi tutti gli altri interpreti da parte di noti doppiatori dell’epoca fa perdere qualcosa in termini di spontaneità, perché è molto palese, quasi esibito). Lucia Bosé era una donna molto bella e una discreta attrice, qui doppiata da Rosetta Calavetta, storica voce di Marilyn Monroe; gli altri sono quasi tutti non professionisti. Da notare che un ruolo importante nella produzione fu rivestito dal futuro regista Marco Ferreri.
Qui per un altro film di Antonioni con protagonista Lucia Bosé: La signora senza camelie