Il genio della truffa (Matchstick Men) è un film del 2003 diretto da Ridley Scott. I protagonisti sono Sam Rockwell, Nicolas Cage, Bruce Altman, Alison Lohman, Bruce McGill ed è tratto da un libro di Eric Garcia. Al box office statunitense il film ha incassato nelle prime dieci settimane di programmazione 36,9 milioni di dollari e 13,1 milioni di dollari nel primo weekend. Il film é sicuramente da vedere ed è distribuito in Italia da Warner Bros.
La trama de Il genio della truffa
Roy, un artista del raggiro, e il suo socio Frank hanno in mente un piano che consentirà loro di appropriarsi di un’ingente somma di denaro. Ma l’arrivo inaspettato della figlia adolescente di Roy scombussola i piani e l’esistenza dei due.
Un film anomalo per Ridley Scott
È bello ritrovare il talento a lungo disperso del 65enne Ridley Scott con un film alla Frank Capra, per lui anomalo se si pensa a Blade Runner, Hannibal e a Il Gladiatore: un’operetta buffa ma non innocente, una divertente commedia con super stangata.
Il genio della truffa entra nel genere di film sui bidoni di cui fa parte anche un Fellini d’annata. Scott, inglese, disegna senza alzare il tiro sulla morale californiana, due caratteri riusciti su un contesto di pazzia sociale quasi incontrollata e si affida a un abile romanzo di Eric Garcia. Scritto in perfetto tempismo, a ping pong di battute, da Ted, autore di Ocean’s Eleven, e Nicolas Griffin.
L’elegante thriller alterna il gusto giallo di imbrogliare il prossimo, magari fingendosi televenditori e guardie di finanza, e il rosa di famiglia tipo Sinatra anni ’50, su una California abitata da un pizzico di follia. Alla fine, un sospetto positivo: basta ridurre le pretese sociali e fuggire verso il lieto fine con la cassiera del supermercato. Il film offre un bell’esempio di efficienza spettacolare made in Usa. Funziona tutto, dalla regia alla sceneggiatura alla recitazione. Vent’anni fa quando Nicolas Cage esordì nel cinema si diceva che era un vero cane, che trovava lavoro perché era nipote di Francis Ford Coppola. Bisognerebbe scusarsi. È vero che ha sempre la stessa faccia, ma questo non gli impedisce di essere sempre giusto in ogni film.
La prima vera commedia del regista
E che dire di Ridley Scott? Alla sua prima vera commedia, il regista dimostra di appartenere a una razza forse quasi estinta, quella dei grandi registi capaci di fare di tutto. Scott si affida a una sceneggiatura accattivante (con colpo di scena finale che capovolge tutta la storia) e a un montaggio serrato e funzionale alla caratterizzazione del protagonista (Nicolas Cage). La sceneggiatura è ben fatta. Il protagonista è uno di quei personaggi schizzati e pieni di tic.
Forse è fin troppo letterario, ma acquista una sua dimensione umana nel rapporto con la figlia. Le immagini sono schizzate e veloci come i tic di Roy. E per questo diventano funzionali alla caratterizzazione del personaggio. Perché, tramite il loro susseguirsi e il ritmo imposto, ricreano a livello visivo quelle che sono le peculiarità di Roy. Le immagini diventano parte integrante della personalità del personaggio. Il film è un prodotto divertente e capace di coinvolgere lo spettatore. Dimostra l’abilità di Scott come narratore e la sua capacità di inserire all’interno della storia numerose trovate formali assai azzeccate.