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Sex Cowboys è un film che mostra il sesso ma parla d’amore: intervista al regista Adriano Giotti

Adriano Giotti racconta la natura ambigua dell’amore: perché, nonostante possa sembrare incentrato sul sesso, in realtà Sex Cowboys è un film sull’amore, sul suo potere e sui suoi limiti. Lo abbiamo intervistato

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Simone e Marla sbarcano il lunario nelle maniere più disparate, giorno per giorno: finchè decidono che è arrivato il momento di commercializzare quello che sanno fare meglio, fare sesso.

Sex Cowboys, vincitore del RIFF 2016, ci racconta dei due protagonisti senza dirci niente di loro: che non sia la loro passione, il loro amore sghembo e grezzo, l’unica cosa che hanno e fanno e che sembra poterli identificare nella società “produttiva”. Ma, nel momento in cui i loro amplessi smettono di dargli piacere, diventando automatismi per dare piacere agli altri, ecco che tutto si snatura e il corpo diventa strumento. È con questo passaggio che Giotti racconta la natura ambigua dell’amore: perché, nonostante possa sembrare incentrato sul sesso, in realtà Sex Cowboys è un film sull’amore, sul suo potere e sui suoi limiti. Quasi un Ultimo Tango postmoderno, dove a non sapere niente dei due amanti non sono loro stessi ma il pubblico, e dove quello mostrava un percorso che dal sesso consumato in un appartamento vuoto portava ad una “seconda vita”, misteriosa, segreta e preziosa, qui, invece, il sentiero va al contrario, e dall’amore porta allo svuotamento di significato. Simone e Marla, nella visione di Giotti, si auto isolano in una gabbia nella quale sono manovrati, comandati, diretti dall’esterno dallo sguardo del cliente di turno; ed è così che un film apparentemente “pornografico” diventa un atto d’accusa verso la mercificazione dell’atto sessuale, che mortifica i sentimenti. Un film prezioso, intimo e lacerante mentre descrive il grido di dolore muto, sordo e inconsapevole di una generazione sempre più (dis)persa.

Sex Cowboys riprende il concetto, attualissimo, della difficoltà di oggi di riuscire ad avere una sistemazione professionale che dia una sicurezza, specialmente ai più giovani. Come è nata l’idea di declinare il racconto secondo l’ottima scelta di una coppia che decide di “vendere” il proprio sesso?

La mia è quella generazione nata in mezzo alla crisi, che ha dovuto ingegnarsi per trovare il modo di raggiungere i suoi scopi. Ed i protagonisti di Sex Cowboys lo fanno vendendo il proprio corpo, l’unica cosa che veramente possiedono. Mi sembrava una perfetta e profonda metafora per comunicare sia il disagio in cui molti giovani si trovano sbattuti, sia come la loro vitalità riesca comunque a permettere loro di trovare la propria strada. Per questo ho scelto il titolo Sex Cowboys: i cowboys sono quelli che vanno oltre il confine alla ricerca di un pezzo di terreno nel quale prosperare. E questo fanno Marla e Simone, i protagonisti del film.

Sei riuscito a girare un film importante con un budget che definire irrisorio è dir poco: come hai lavorato con la troupe per potere comunque avere un’opera di alto livello?

Il film è stato prodotto con soli 5000 euro. Quando si ha davvero la necessità di fare cinema, si riesce a farlo anche in condizioni di scarsità di mezzi. “Se uno vuole una cosa la prende” dice Simone, ed in definitiva è la mia filosofia da sempre. In questo caso il segreto è stato semplificare la sceneggiatura minimizzando il numero location per ottimizzare le giornate di ripresa e ridurre la troupe al minimo indispensabile: io, il direttore della fotografia, il fonico e la costumista. Ho scelto persone con le quali avevo già lavorato in precedenza in modo da averne già testato la compatibilità e la loro attitudine lavorativa. Sul set il clima è stato perfetto, eravamo tutti entusiasti di far parte di quest’avventura, abbiamo lavorato sei ore al giorno più o meno per sedici giorni, e direi che ci siamo divertiti molto.

Quando al cinema si filma il sesso sul set c’e spesso tensione; ed è anche difficile restituire la giusta atmosfera. Come hai lavorato con i tuoi attori per le scene più ardite? E sul montaggio, come sei riuscito a rendere tutto così fluido?

Senza degli attori di metodo come Nataly Beck’s e Francesco Maccarinelli, in grado di diventare davvero i personaggi, senza limitarsi soltanto ad interpretare, un film così non sarebbe stato realizzabile. Si sono fidati di me e mi hanno donato la loro completa disponibilità fisica ed emotiva. Ovviamente, il compito di un regista quando si filma il sesso, o comunque scene delicate, è di dare la giusta atmosfera al set. Il sesso, assieme al dormire e al mangiare, fa parte della nostra quotidianità, quindi basta trattarlo in modo diretto e con naturalezza. Infatti, ho deciso di iniziare le riprese proprio con le scene di sesso, in modo da rompere subito il ghiaccio e imporre al set la giusta direzione. Molto spesso, quello che crea tensione sul set è l’imbarazzo. E spetta al regista evitarlo. Specialmente quando è ingiustificato, perché non sono gli attori a fare sesso, ma i loro personaggi. Quindi non ha senso imbarazzarsi.

Per quanto riguarda il montaggio, le scene sono state girate con long-take, quindi ho utilizzato il montaggio più che altro per correggere errori tecnici o accorciare le scene girate, che per dare ritmo all’azione. Se il ritmo è dentro l’inquadratura e nel movimento di camera si ottiene la miglior fluidità quasi senza bisogno di montare. Ed io punto sempre a questo per massimizzare la realtà della narrazione filmica e la sua percezione da parte dello spettatore. Oltre al fatto che preferisco andare a caccia sul set di quello di cui ho bisogno, invece che annoiarmi in una saletta di montaggio.

Per la distribuzione ci appoggiamo alla piattaforma Movieday.it. Al momento saremo di nuovo a Roma questo 13 Marzo all’Apollo 11 e a Torino il 28 Marzo al Cinema Massimo all’interno del Torino Underground Film Festival, ma chiunque sia interessato al film può creare un evento nella propria città semplicemente andando qua e scegliendo gratuitamente e senza vincoli giorno e data della proiezione in uno dei cinema disponibili e collegati alla piattaforma. Ce ne sono oltre 230 sparsi in tutta Italia. E noi saremo felicissimi di venire a trovarvi.

GianLorenzo Franzì

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