Post mortem di Pablo Larrain (Venezia 67esima edizione)
«Aveva vinto meritatatamente il Torino Film Festival Pablo Larrain, con quel gioiellino di “Tony Manero”, che metaforizzava in maniera delirante sul periodo della dittatura cilena. Recupera il suo stile anche in questo secondo lungometraggio, “Post mortem”, insieme all’attore Alfredo Castro, pure qui impegnato nel vestire un personaggio ai limiti».
Aveva vinto meritatatamente il Torino Film Festival Pablo Larrain, con quel gioiellino di Tony Manero, che metaforizzava in maniera delirante sul periodo della dittatura cilena. Recupera il suo stile anche in questo secondo lungometraggio, Post mortem, insieme all’attore Alfredo Castro, pure qui impegnato nel vestire un personaggio ai limiti.
Mario è un funzionario statale dell’obitorio ospedaliero in un periodo in cui in Cile i morti arrivano a frotte. Infatti, siamo proprio nel 1973, nel periodo in cui Pinochet farà il colpo di stato, facendo fuori il presidente Allende, spacciandolo per suicidio. Mentre nella “morgue” la situazione si fa sconvolgente, con cadaveri ammassati ovunque e gli impiegati costretti sotto il braccio armato dell’esercito, Mario coltiva il suo amore per Nancy, spogliarellista obbligata a nascondersi per motivi politici.
Questa volta Larrain punta il dito contro l’indifferenza e l’egoismo che hanno permesso l’insorgenza una dittatura così feroce. La frase del film è: “Odio i gatti. Mangiano a occhi chiusi per non vedere chi li nutre”. Un plot geniale che potrebbe essere collegato a qualsiasi dittatura, realizzato con lo stile sporco, morboso e decadente divenuto un marchio per il regista cileno.
Gianluigi Perrone
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