Fahrenheit 451

Spike Lee – Orgoglio e pregiudizio nella società americana di Lapo Gresleri, un nuovo libro sul regista afroamericano

Impreziosito dall’introduzione del regista Roberto Minervini, ricco di riferimenti bibliografici, con Spike Lee – Orgoglio e pregiudizio nella società americana Lapo Gresleri compie un’analisi la più completa possibile dal punto di vista critico, storico e sociale. Un libro da non perdere per gli appassionati e gli studiosi del regista afroamericano

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Il regista afroamericano Spike Lee ha attraversato il cinema mondiale di questi ultimi trent’anni diventando una voce autorevole della sua comunità e un autore riconoscibile per temi e stilemi che, da un lato, affondano nelle radici storiche della società americana, dall’altro guardano al cinema moderno americano ed europeo, rielaborandolo in modo personale.

Lapo Gresleri affronta in modo approfondito il mondo del regista nel suo lavoro Spike Lee – Orgoglio e pregiudizio nella società americana, edito da Bietti Eterotopia di Milano, mettendo in luce la complessa personalità dell’autore e delineando in cinque fasi storiche, che vanno di pari passo con la recente storia americana, l’evoluzione stilistica dei suoi film. L’analisi che fa Gresleri è ampia e spiega in modo esaustivo la forza politica del cinema di Spike Lee, che denuncia frontalmente la raffigurazione culturale dei wasp attuata nei confronti dei neri, in tutti i campi, compreso il cinema. Ma Lee non fa sconti nemmeno alla sua gente: all’interno del razzismo, che tuttora vige negli Stati Uniti e che ha le radici fin dalla schiavitù del popolo di colore, sono messi in evidenza gli aspetti contraddittori sociali e culturali degli stessi afroamericani, in cui la scolarizzazione è vista come un elemento di assimilazione del potere borghese bianco. E citiamo, a titolo di esempio, uno dei suoi capolavori, quel Fa’ la cosa giusta che racchiude tutto il complesso di queste tematiche.

Fin da Lola Darling, le figure femminili di tutti i film di Lee (da Fa’ la cosa giusta a Jungle Fever, da Girl 6 a Lei mi odia, fino all’ultimo BlacKkKlansman) sono, in qualche modo, più consapevoli e hanno preso coscienza del loro ruolo, mentre i personaggi maschili sono quasi sempre contraddittori, irrisolti, presi dai loro pregiudizi, che non sempre gli consentono di rielaborare il proprio vissuto per evolvere culturalmente ed emanciparsi dal potere dei bianchi.

Gresleri, dopo due capitoli introduttivi in cui illustra queste dinamiche, dedica un capitolo a quasi ogni film di Spike Lee, tracciando una linea evolutiva del suo pensiero nel corso degli anni, e mettendo in evidenza come essi si possano leggere come opere autosufficienti, ma allo stesso tempo compongono una serie di tasselli di un mosaico in cui sono ripresi e approfonditi temi e stilemi, creando un’opera-mondo della cultura e della società afroamericana unica nel suo genere. Questa intuizione permette all’autore del libro un’analisi che riesce a bucare la superficie della visione ed entrare nelle più profonde dinamiche creative del cinema di Lee.

Oltre a questo, Gresleri analizza anche gli aspetti stilistici più evidenti, come l’utilizzo della grammatica cinematografica, che Lee padroneggia con tutte le potenzialità visive della macchina da presa, ma soprattutto, in tutti i capitoli, è dissezionata la funzione della colonna sonora che diventa elemento metanarrativo originale. Del resto, Lee è figlio di un musicista e lui è dentro le correnti musicali afroamericane – rap, hip hop, jazz, rock – per cui la musica è sempre presente, sia composta appositamente (Mo’ Better Blues), oppure scegliendo pezzi di gruppi famosi (a titolo di esempio, i Public Enemy in Fa’ la cosa giusta).

Lapo Gresleri mette in luce la poliedricità dell’artista e dell’uomo Lee, che vuole raccontare la sua gente raggiungendo un pubblico il più vasto possibile: arriva a lavorare con le più importanti major ma allo stesso tempo è capace di autoprodursi – con la sua casa di produzione 40 Acres A Mule Filmworks – ma anche di lavorare sulla promozione della sua immagine, sul merchandising dei film, producendo musicisti e registi. Lee dirige e scrive di tutto: oltre a lungometraggi, documentari, corti, spot, videoclip, serie e spettacoli per televisione (elencati tutti nella completa filmografia alla fine del libro) in uno sforzo artistico pantagruelico e inarrestabile. Lee è la voce del suo popolo, è testimone all’interno dei suoi film (almeno nella prima parte della sua produzione), ma diviene anche un punto di riferimento socioculturale per la comunità afroamericana, creando campus per giovani cineasti oppure dedicandosi all’insegnamento. E ogni capitolo termina sempre con citazioni scelte della risposta critica – sia internazionale sia italiana – delle opere del regista e della (s)fortuna economica e del successo (o insuccesso) presso il pubblico nazionale e internazionale che spiegano al lettore le scelte successive del cineasta.

Impreziosito dall’introduzione del regista Roberto Minervini, ricco di riferimenti bibliografici, con Spike Lee – Orgoglio e pregiudizio nella società americana Lapo Gresleri compie un’analisi la più completa possibile dal punto di vista critico, storico e sociale. Un libro da non perdere per gli appassionati e gli studiosi del regista afroamericano (e del cinema tout court).

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