In quella anomalia dei film “fuori concorso” nella sezione Concorso (non si capisce proprio questa modalità di presentazione, ma ce ne facciamo una ragione), al 69 Festival di Berlino è stato presentato The Operative, una co-produzione internazionale, opera seconda del giovane regista israeliano Yuval Adler, matematico e filosofo dedito al cinema. A scanso di equivoci, visto il curriculum articolato e corposo dell’autore, The Operative è una spy story molto classica, strutturata da una solida sceneggiatura, dove i colpi di scena e lo sviluppo psicologico dei personaggi sono architettati in maniera tale da risultare verosimili.
La giovane Rachel (ancora una volta Diane Kruger in un’interpretazione convincente), esperta di lingue e cittadina del mondo, è reclutata da Thomas (Martin Freeman, l’attore inglese famoso per il ruolo di Watson nello Sherlock Holmes contemporaneo della vv inglese) per conto del Mossad, il servizio segreto israeliano. Rachel si rivela un’agente duttile e capace e, dopo la prima riuscita operazione, viene inviata in Iran sotto copertura per carpire segreti tecnologici da un’azienda che lavora con l’apparato militare iraniano. Qui, però, succede il cambio di passo: Rachel porta a termine la missione, ma s’innamora di Farhad, il manager a capo dell’impresa tecnologica, e ciò la porterà a disertare il servizio segreto israeliano che, sospettandola di doppiogiochismo, la vuole eliminare.
Raccontato in questo modo, la storia appare lineare (e infatti il soggetto lo è), ma in realtà è tutt’altro: Adler dipana la vicenda attraverso lunghi flashback con Thomas richiamato dal Mossad per fornire spiegazioni sull’operato di Rachel dopo la sua defezione. In un gioco di scatole cinesi, lo spettatore ricompone i pezzi della storia per passi successivi, con alterni salti tra presente del racconto di Thomas e passato dell’azione di Rachel, in una messa in scena che, volontariamente, cerca di mischiare le carte e d’instillare più dubbi possibili sulla vera natura di Rachel. The Operative aggiorna il sottogenere della spy story in riferimento ai protagonista e al tema. Per la prima volta abbiamo il Mossad in azione contro il suo maggiore nemico, l’Iran; e, in modo inedito, viene mostrata la spietatezza degli uomini dei servizi israeliani, che non hanno nessuno scrupolo a uccidere per la ragion di stato, torvi, trucidi e inarrestabili. Una visione che forse solo un israeliano si poteva permettere.
Ma, al di là del corretto prodotto di intrattenimento, The Operative risulta essere una pellicola dall’impostazione classica con citazioni di film come La casa Russia e Il nostro traditore tipo (tratti dai romanzi di John Le Carré), oppure a Il seme del tamarindo di Blake Edwards, con il ritmo di action movie moderni. Questo aspetto riporta l’operazione all’interno di binari di conforto, senza riuscire mai veramente a creare una modalità in cui lo scarto del linguaggio cinematografico risulti evidente.