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‘Europa ’51’ Rossellini e la critica sociale

Europa ’51, il capolavoro di Roberto Rossellini con Ingrid Bergman parte della cosiddetta “Trilogia della solitudine” su Raiplay

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La Rai in occasione di Venezia 81, offre ai suoi spettatori, un palinsesto di grande qualità. Europa 51 di Roberto Rossellini è tra i capolavori che sono stati protagonisti nel passato della kermesse veneziana. Stasera in chiaro e su Raiplay per chi non ha fatto in tempo.

Europa 51: una protagonista tra due mondi

Irene vaga tra le strade sgarrupate della borgata romana di Primavalle, con il suo portamento naturalmente regale, finché non si trova davanti alle orribili palazzine di case popolari in cui sono ammassati i diseredati di una città ancora non beneficiata dagli effetti di quel boom economico che sarebbe giunto solo molti anni dopo: vedendo la splendida edizione restaurata e in alta definizione di Europa ’51 di Roberto Rossellini, chi scrive non ha potuto fare a meno di associare la storia della protagonista (un’indimenticabile – non serviva neanche sottolinearlo – Ingrid Bergman) a quella dei borghesi messi in scena da Pier Paolo Pasolini in Teorema, il film in cui il poeta di Casarsa segnalava l’impossibilità dei suoi personaggi di evadere dalla propria condizione sociale, tant’è che si assisteva a un epilogo assai tragico, con Paolo, l’industriale interpretato da Massimo Girotti, che correva urlando nel deserto senza che nessuno potesse ascoltarlo o soccorrerlo. Certo, le due opere in questione sono di epoche diverse (1952 e 1968) e, soprattutto, di autori assai differenti, eppure Irene e Paolo sono due personaggi che risuonano, se non altro per il destino che li attende.

Europa 51: Rossellini e la critica sociale

Rossellini aveva precedentemente diretto Francesco Giullare di Dio, che era un film in netta controtendenza rispetto alla cosiddetta “trilogia della guerra antifascista” (Roma città aperta, Paisà, Germania anno zero), sia per le tematiche affrontate, sia per lo stile. Per Europa ’51, il regista decise di dotarsi di una struttura produttiva convenzionale (con Ponti e De Laurentis), perché voleva raggiungere un vasto pubblico, anche attraverso l’impiego di un’estetica più artefatta, con molte scene girate in interni e una fotografia meno realistica (del bravissimo Aldo Tonti). Di fronte alla logica manichea degli opposti schieramenti, con la classe abbiente da una parte e quella degli esclusi dall’altra (capitalismo nascente e comunismo in fase di radicamento), Rossellini scelse di fuoriuscire dagli schemi con un personaggio che faceva cortocircuitare la rigidità delle griglie ideologiche. Irene, dunque, replicava in forma laica le gesta di San Francesco, laddove metteva in atto un comportamento non allineato che la rendeva un’apolide, una che si muove al confine tra due mondi e, proprio per tale ragione, destinata a essere misconosciuta da entrambi (finanche dalla Chiesa ufficiale – il dialogo con il prete che la bacchetta e che non ne riconosce la liceità delle intenzioni).

L’ingenuità di Rossellini, rispetto a Pier Paolo Pasolini, è, come si diceva poc’anzi, di non aver compreso fin in fondo quanto la disobbedienza di Irene rispetto alla propria classe di appartenenza fosse quanto mai velleitaria: parafrasando il regista di Accattone, si può affermare che “chi nasce borghese, muore borghese”, nel senso che non può, pur essendosi emancipato dalla falsa coscienza tipica del proprio stato, rimodularsi completamente fino a divenire altro da sé (proletario). Irene quando vede le condizioni di lavoro della fabbrica – Rossellini realizza una magnifica sequenza in cui restituisce impeccabilmente l’alienazione di cui sono vittime coloro che si trovano collocati alla catena di montaggio (come aveva egregiamente fatto anche Charlie Chaplin in Tempi Moderni) – ne rimane disgustata, non può più continuare a credere agli ideali sventolati dal suo amico Andrea, giornalista di sinistra (Ettore Giannini). A questo punto la situazione precipita: il volto della protagonista inquadrato tra le sbarre di una clinica psichiatrica – che non può non ricordare quello di Renée Falconetti – prepara il terreno al successivo Giovanna d’Arco al rogo del 1954, ancora con Ingrid Bergman.

Europa 51 e la trilogia della solitudine di Rossellini

Europa ’51 fa parte della cosiddetta “trilogia della solitudine” di Rossellini, insieme a Stromboli, terra di Dio (1950) e Viaggio in Italia (1954); fu un film che incontrò molti detrattori all’epoca della sua uscita proprio perché rifiutava di schierarsi, muovendo, molto coraggiosamente, una forte critica all’ordine imperante. Da segnalare, tra le altre cose, la presenza di Giulietta Masina in un ruolo minore ma significativo, in cui già si intravedono i caratteri di Gelsomina e Cabiria, i due grandi personaggi che l’attrice interpretò nel 1954 e nel 1956 ne La strada e Le notti di Cabiria di Federico Fellini.

La versione resa disponibile in home video da Cristaldi Film e CG Entertainment è quella di 118 minuti che fu presentata alla Mostra del Cinema di Venezia del 2012 (esistono diverse varianti più o meno significative che si sono succedute nel corso del tempo). Il blu ray è dotato di audio Dolby Digital 2.0 e DTS-HD Master Audio 2.0, con sottotitoli per non udenti opzionabili. Nei contenuti extra: Versione e varianti – intervista a Elena Dagrada; contestualizzazione storica-critica di Adriano Aprà; Roberto Rossellini, un documentario di Carlo Lizzani; sguardi dal cinema di oggi.

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