Il giocatore (Rounders), noto anche come Il piacere del rischio, un film del 1998 diretto da John Dahl. Con Matt Damon, John Malkovich, Edward Norton, John Torturro e Gretchen Mol. Soggetto e sceneggiatura di David Levien e Brian Koppelman; fotografia di Jean-Yves Escoffier (Rosso sangue, Gli amanti del Pont-Neuf, Gummo); musiche di Christopher Young.
Sinossi
Mike McDermott è un giocatore di poker professionista che approfitta del gioco d’azzardo per tentare di farsi una nuova vita. Mike frequenta la facoltà di legge e trascorre il tempo libero con la sua ragazza e compagna di studio Jo. Diventare avvocato rappresenta per Mike la via legale per ottenere il successo ma il gioco ha un’attrattiva troppo irresistibile per lui. Ma quando un vecchio amico esce di prigione, Mike si trova a dover affrontare il dilemma: tornare a giocare per amore dell’amico o lasciare perdere tutto?
«Se non riesci ad individuare il pollo nella prima mezz’ora di gioco, allora il pollo sei tu.»
Ambientato nel mondo sotterraneo dei professionisti del poker di New York, è la storia di Mike (Damon), pokerista di talento, che prima rinuncia al gioco per gli studi legali e una vita normale con la fidanzata Jo (Mol), ma poi vi rientra, esponendosi a gravi rischi, per aiutare l’amico Verme (Norton), un baro casinista appena uscito dal carcere. A modo suo, il quinto film di Dahl, scritto da David Lieven e Brian Koppelman, è un film a tesi, il passionale racconto di un’eccentrica vocazione, ma anche una razionale e capziosa riflessione sul gioco. All’elegante e intensa descrizione ambientale di un microcosmo metropolitano contribuiscono una scrittura registica di classica trasparenza, una raffinata fotografia notturna in chiaroscurato (Jean Yves Escoffier), un’affiatata squadra di attori in cui spiccano – oltre a Damon – un Turturro a briglia corta e un Malkovich che colorisce con l’accento russo il suo Teddy KGB. “La vita si gioca in un colpo solo, il resto è attesa“; “Puoi tosare una pecora molte volte, ma puoi scuoiarla solo una volta“; “È immorale lasciare un merlo con tutti i suoi soldi“. La sceneggiatura sciorina aforismi da biscazziere ed esplica le tattiche al tavolo da gioco attraverso l’Io narrante, indispensabile anche per equiparare quell’insieme di scelte a quelle che decidono la vita vera. Più controllato e sobrio del solito, memore del cinema scorsesiano e immancabilmente sedotto dal noir in cui il protagonista subisce il fascino del Male, John Dahl orchestra una tensione drammatica durante le partite ed una tensione morale nell’attesa delle stesse. Scopre alcune carte ma lascia le altre coperte fino alla fine, abbandona il tavolo vittorioso ma senza rivelare tutti i punti in mano: Matt Damon/Mike è sottoposto agli stimoli di due percorsi esistenziali antitetici, uno con i connotati del Bene (lavoro rispettabile, brava ragazza, giuste frequentazioni), l’altro immerso nel Male, fra amicizie pericolose, febbre del gioco, violenza e degrado. È il richiamo del Destino (qualunque esso sia), però, ad ottenere il credito di “Cosa Giusta” (“Non puoi scappare da ciò che sei“), facendo cadere, in modo anche contraddittorio, tutte le coppie generatrici di sensi di colpa fin lì sottolineate e sfumando prepotentemente le direttrici del messaggio finale. A questo “tavolo” del cinema siamo in compagnia di ottimi professionisti (quelli del poker, in gergo, sono detti “rounders”) e l’ambiguità, voluta o meno che sia, fa parte del gioco, del bluff, dei fuorilegge con una loro coerenza (citato Il Texano dagli Occhi di Ghiaccio).