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Film da Vedere

Dillinger è morto, il capolavoro di Marco Ferreri, in versione restaurata e in alta definizione

CG Entertainment ha reso per la prima volta disponibile in home video la versione restaurata in 4K e in alta definizione di Dillinger è morto, il capolavoro di Marco Ferreri in cui veniva rappresentata, in tutta la sua insensatezza, la dimensione tragicomica dell'alienazione operativa nella società dei consumi

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Dillinger è morto si apre, sulla scia di un cinema vagamente godardiano, con un prologo che mette in guardia lo spettatore sul senso di ciò che si appresta a vedere, fornendogli, dunque, dei riferimenti per comprendere una rappresentazione surreale, la quale, per la rarefazione dei dialoghi e la disarticolazione della narrazione, può provocare un certo disorientamento in chi guarda. È subito evidente la forte connotazione metaforica evocata dal monologo del collega del protagonista (Glauco, un ingegnere industriale, interpretato da un sardonico e sempre eccellente Michel Piccoli) che tenta di esporre il proprio pensiero, ricco di rimandi all’Uomo a una dimensione di Herbert Marcuse.

L’isolamento in una camera che non debba comunicare con l’esterno, perché piena di un’atmosfera mortale dove per sopravvivere è necessario portare una maschera, ricorda molto le condizioni di vita dell’uomo contemporaneo. Per esempio, il fatto di sapere di dover portare la maschera non dà un senso di angoscia? L’introiezione di questi bisogni ossessivi e allucinatori non dà come risultato l’adattamento alla realtà, ma la mimesi, la massificazione, l’annullamento dell’individualità. L’individuo trasferisce il mondo esterno all’interno. Vi è un’identificazione immediata dell’individuo nella società, come un tutto identico. I bisogni per la sopravvivenza fisica sono risolti proprio dalla produzione industriale, che propone ad esso come altrettanto necessari il bisogno di rilassarsi, di divertirsi, di comportarsi, di consumare in accordo con i modelli pubblicitari che rendono appunto manifesti i desideri che ognuno può provare. In queste condizioni di uniformità la vecchia alienazione diventa impossibile; quando gli individui si identificano con l’esistenza che è loro imposta e trovano in essa compiacimento e soddisfazione il soggetto dell’alienazione viene inghiottito dalla sua esistenza alienata”.

Con questa robusta premessa, dunque, si dà inizio alla messa in scena di alcune ore della vita di un uomo che, ormai, è svanito in quanto soggetto, è stato definitivamente sussunto dalla logica del capitale, che lo vuole produttore, consumatore, e che ne scandisce finanche la dimensione privata, imponendogli il tempo delle vacanze e del relax, condizionandone interamente lo stile di vita. Ciò che provoca più irritazione nella condotta dello sciagurato protagonista è, ancor prima di tante altre considerazioni che si potrebbero fare, l’incapacità di portare a compimento un’azione. Egli interrompe sistematicamente tutto ciò che inizia a fare, come se fosse in preda a un’irresistibile coazione a distrarsi. Non riesce a concentrarsi, rilancia continuamente, apre innumerevoli fronti verso cui orientare, per brevissimo tempo, la propria attenzione. Alla maniera del Luis Buñuel de Il fascino discreto della borghesia (film successivo a questo di Ferreri), seguiamo Glauco nei preparativi di un pasto che non riuscirà mai a consumare: il godimento che esso gli potrebbe procurare è sempre differito, esattamente come vuole la legge dei consumi, che, ogni volta, promette che la soddisfazione del bisogno sarà garantita dal nuovo prodotto messo in commercio. Insomma, la dimensione tragicomica del progresso è già visibile in tutta la sua stoltezza e Marco Ferreri, prima di tanti altri, ne aveva colto con chiarezza i tratti e la drammaticità, sebbene sempre sfumata con i toni del grottesco.

E poi, ovviamente, lo stadio finale della feticizzazione dell’oggetto: il soggetto del consumo si è dissolto completamente nell’oggetto, è divenuto esso stesso merce tra le merci, immagine tra le immagini, come esemplarmente mostrato quando lo vediamo interagire con lo schermo su cui è proiettato il filmino delle vacanze. Glauco nuota nelle onde del mare riprese in super otto, tocca il corpo della sua donna impresso sulla parete, insomma è in pieno delirio, non percepisce più la sua alterità rispetto a ciò che potremmo definire imago sub specie spaectaculi.  È evaporato, esattamente come il Padre di cui parlava Jacques Lacan nei suoi celebri seminari. La donna che ama (Anita Pallenberg) non ha più per lui consistenza ontologica, è svanita nel flatus vocis di un mondo che non fornisce orizzonti di senso, se non quello del godimento del consumo. Glauco, perfettamente allineato con l’ultimo stadio del nichilismo, quello “passivo”, assai bene descritto da Nietzsche, non “vuole più volere”, perché la Legge (del Padre) è venuta a mancare, e con essa la possibilità di un desiderio autentico e non indotto dall’esterno. Vivere o morire non fa più una grande differenza, tant’è che, quasi per sfuggire alla noia della sua insensatezza, uccide la moglie con una pistola trovata per caso precedentemente e che, in maniera grottesca, aveva cercato di “riqualificare” alla maniera della Pop Art, dipingendola e decorandola. Poi, la fuga, il mare, il viaggio esotico, l’immagine che vira in rosso e lo sprofondamento definitivo nella psicosi.

La casa in cui il film è stato girato è quella del pittore Mario Schifano, che nello stesso anno di Dillinger è morto realizzò il suo lungometraggio più celebre, Umano, non umano, anch’esso tutto proteso verso la critica di un sistema di vita in cui la dialettica è collassata, dando corpo a una sorta di spazio liscio, uniforme, in cui più nulla può più accadere. Questo film di Marco Ferreri è uno dei pochi, insieme a Break-up, ma anche La grande abbuffata o L’udienza, in cui viene momentaneamente sospeso il tipico conflitto di genere con cui il regista aveva traslato l’eterno scontro tra Potere e Potenza, individuando nel divenire-donna, segnalato da Gilles Deleuze, l’unica possibilità per riconnettersi con quella riserva di senso fatalmente interdetta dal tempo continuato del consumo.

Marco Ferreri su Dillinger è morto ha affermato: “Noi viviamo come il protagonista del mio film, a contatto con gli oggetti. La nostra vita è una sorta di museo di oggetti inutili. La nevrosi si esprime soprattutto come feticismo dell’oggetto, intendendo con ciò non le mere cose inanimate ma anche i mezzi di informazione e comunicazione quali i dischi, i giornali e la TV. Un giorno il mio personaggio fa un atto di discriminazione e ferma la sua attenzione su uno di questi campionari del museo: una pistola. Lo attrae soprattutto il carattere preistorico da antiquario, di quell’arma. Da qui, ha inizio il processo di addizione che finisce appunto con l’uccisione della moglie (il simbolo vistoso del suo status di prigioniero di un mondo confortevolmente alienante)“.

Certo, probabilmente, oggi questa analisi esatta di Ferreri dovrebbe essere aggiornata, almeno in riferimento ai tanti cambiamenti avvenuti, anche se il fondamentale sfondo in cui si muove il soggetto contemporaneo rimane sostanzialmente lo stesso. A mutare le previsioni del futuro interviene, in parte, la possibilità di pensare un nuovo profilo comunitario in grado di rovesciare a proprio favore quanto, al momento, appare come l’ennesima dimostrazione di una vita totalmente sussunta da quell’alienazione di cui si diceva prima. Forse, non è del tutto fuori luogo pensare di poter scommettere, a ragione e in virtù di un mutamento etico in corso, sul delinearsi di nuovi sentieri possibili da percorrere.

CG Entertainment ha reso per la prima volta disponibile in home video la versione restaurata in 4K e in alta definizione di Dillinger è morto, con audio in italiano e in francese (DTS-HD Master Audio e Dolby Digital 2.0) e sottotitoli opzionabili. Nella confezione è contenuto un booklet esclusivo di 28 pagine a cura di Elisa Baldini. Nei contenuti speciali sono presenti il trailer e Dillinger è morto…il cinema è vivo (interviste a cura di Nocturno).

Trova Dillinger è morto su CG Entertainment

  • Anno: 1969
  • Durata: 95'
  • Distribuzione: CG Entertainment
  • Genere: Grottesco
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Marco Ferreri

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