Fratello, dove sei? (O Brother, Where Art Thou?) è un film del 2000 diretto dai fratelli Coen, liberamente tratto dall’Odissea di Omero.
La storia di Fratello, dove sei?
Presentato in concorso al 53º Festival di Cannes, il film, che gode di una colonna sonora fatta di brani che rappresentano le radici della musica americana, ha vinto un Grammy Award come album dell’anno nel 2002. Il titolo del film è un riferimento ad un elemento della trama di un film satirico del 1941 diretto da Preston Sturges dal titolo I dimenticati (Sullivan’s Travels), dove il protagonista (un regista) voleva girare un film sulla grande crisi intitolato O Brother, Where Art Thou?. Il film contiene molti riferimenti all’Odissea di Omero: dall’incontro con il vecchio cieco all’inizio del film, ispirato alla figura di Tiresia, al canto delle sirene, dal venditore di Bibbie con un occhio solo, come Polifemo, a intere citazioni e perifrasi del poema. L’ultima sfida di Everett per mantenere la sua bona fides è tornare da sua moglie Penny, riprendendo l’eroico scontro di Ulisse con i pretendenti di Penelope. I fratelli Coen hanno affermato di aver ripreso alcuni particolari dalla versione cinematografica de L’Odissea del 1955. Con George Clooney, John Turturro, Tim Blake Nelson, John Goodman, Charles Durning.
La trama di Fratello, dove sei?
Everett Ulysses McGill è fuggito di prigione perché vorrebbe mettere le mani sul malloppo che dice di avere nascosto. Lo seguono, o meglio, sono costretti a seguirlo perché legati da un’unica catena: Pete e Delmar. L’America della Grande Depressione accompagna i tre detenuti verso un tesoro che sembra sempre più improbabile.
La recensione del film
Guardando al secolo scorso, non c’è periodo più oggetto di trasfigurazione leggendaria della grande depressione. Nemmeno gli anni sessanta, che non hanno conosciuto la straordinaria stagione letteraria, corale-generazionale, di Steinbeck, Fante, Lee, Faulkner e quanti altri. Rivediamo tutto immediatamente nitido, come in un sogno che non ci ha abbandonato mai veramente: ferrovie, fotografia in seppia, freight trains e hobos. Gli sterminati skyline, i campi, i fuggiaschi, i banditi, i vendicatori.
Non solo i grandi scrittori, ma anche country e soprattutto blues sono impregnati della mitologia post ’29. Dopotutto il periodo in questione è anche un’età aurea, quella della comunicazione di massa via radio, delle prime registrazioni e stazioni nel bel mezzo del nulla.
I fratelli Coen comprendono che il modo giusto per raccontare la storia in questa ambientazione è un’Odissea al contrario, che si presta perfettamente, essendo il racconto picaresco suo lontano discendente.
A livello visivo Joel ed Ethan tornano ai campi lunghi del cinema western, ma sporcandoli, immettendo rumore, polvere e scherzi (la scena iniziale della fuga; l’arrivo di Nelson, il passaggio della congregazione). In questo modo il set di Furore o La morte scorre sul fiume non è più inamovibile, bensì buffo e interattivo: lo spazio, che prima evocava tristezza o nostalgia, adesso si fa dispensatore di beffe. Così il tempo andato diventa vivido, presente, simpatico. Adatto allo stile e alla farsesca ispirazione epocale. Fratello, dove sei? è un piccolo, grande film; delizioso, intelligente e ben fatto. Un ritratto scalcinato, unto, sporco e polveroso della “Grande Depressione” ambientato in un Midwest immaginario ma che è già incubatoio di tutte le nefandezze che si svilupperanno nei decenni a venire.
Il film è disponibile su Netflix