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L’amica geniale: l’impronta del mondo. La serie tv di Saverio Costanzo non smette di sorprendere

A due episodi dal finale le interpreti protagoniste innalzano la serie a nuovi livelli di qualità

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È a pochi episodi dalla fine della stagione, nei capitoli cinque e sei, che le interpretazioni ne L’amica geniale hanno rivelato la loro forza dirompente, la loro natura fondamentale, il loro incredibile apporto di significato alla narrazione. Apparentemente contenute e in realtà misurate per esplodere nel momento preciso, le prove degli attori e delle attrici principali hanno sensibilmente inspessito la forza espressiva e lo slancio comunicativo dei capitoli tesi verso la chiusura, allineando le varie tracce narrative su toni più drammatici e sentiti. Con lungimiranza e tempismo, percezione delle prospettive e senso della misura, il comparto attoriale ha orchestrato un flusso gestuale corale e individuale portentoso ed eterogeneo, livellato di certo sul crescendo tragico disegnato dalla diegesi, ma anche sospinto da capacità sorprendenti nel ritrarre i profili dei personaggi in maniera credibile e assieme commovente. Il risultato sono stati due episodi vissuti al culmine della tensione emotiva, sulla pelle di interpreti avvolti da condizioni di dolore, sofferenza e solo momentanea speranza di pace.

Gaia Girace (Lila) e Margherita Mazzucco (Lenù) sono i due volti e i due corpi che guidano. Ne Le scarpe è la prima a controllare lo sguardo degli spettatori, a dominare la scena e il corso della narrazione: dalla postura all’uso della voce e del dialetto, la giovane attrice cerca di trovare un equilibrio tra trasparenza e opacità per adeguarsi a un personaggio tanto complesso quanto misterioso. Per questo l’attrice imposta una recitazione fatta di doppiezze, spinoso nervosismo e vigoria psicologica, con tratti espressivi forti e chiari che però sono comunque capaci di sottintendere sentimenti nascosti, oscuri e inconfessati. Lila è contraddizione inspiegabile che attrae e respinge, un mistero che si esplicita e si rivela continuamente attraverso azioni riconoscibili e apparentemente codificabili per ragioni in realtà contrarie, per non rivelarsi e fuggire dentro se stessa. Lenù è agli antipodi estremi, perché la sua personalità è invece implicito che cerca di incontrare il mondo, di fiorire nel mondo. L’isola è l’episodio in cui la sua personalità sboccia e in cui l’interpretazione di Mazzucco assume nuovi toni.

Toni aperti, solari, lontani dalle occlusioni sistematiche dovute alla paura del rione. Ischia è per l’attrice palcoscenico in cui fare conoscenza del mondo e delle sue bellezze, del peso del sole e della leggerezza del mare sulla pelle e sulla bellezza giovanile. Almeno fino a quando il male non raggiunge anche il luogo ameno, l’isola felice: l’arrivo di Donato Sarratore (Emanuele Valenti, perfetta scelta di casting) è la frattura del bello, l’incursione viscida e deprimente del male nell’immagine della tranquillità. L’uomo stupra la ragazza, approfittando del clima di gentilezza e simpatia, in una sera in cui le certezze si capovolgono e il mondo da palcoscenico di bellezza si fa specchietto della tragedia incomunicabile. Mazzucco con un improvviso ma coerente cambio di economia espressiva esprime l’inganno della felicità e la verità dell’abuso. Le interpretazioni così sollevano su un piano ancora più alto L’amica geniale, il piano in cui il sentimento è ente astratto e muscolo concreto, forza inespressa e nascosta come anche segno del dolore, impronta del mondo sullo sguardo appena nato.

Leonardo Strano

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