La Disparition des lucioles, presentato in concorso al Torino Film Festival 2018, è la terza opera del regista Sébastien Pilote.
Québec: in una ex città industriale troviamo la giovane Léo. La ragazza vive con sua madre e il patrigno Paul, un conduttore radiofonico che anni prima costrinse il padre di Léo ad andarsene dalla città. Totalmente estranea al suo stesso mondo, Léo troverà serenità in Steve con il quale instaurerà un insolito rapporto.
Un teen movie dall’apparenza piuttosto classico prevede le abituali tappe di un racconto di formazione: il superamento del complesso di Elettra, con la successiva demolizione della figura paterna, l’amicizia con un uomo più adulto e la spasmodica ricerca del proprio cammino con il tipico mood nichilista adolescenziale di una protagonista ribelle. Il regista, con grande abilità, si muove all’interno di questa sceneggiatura con grazia e intelligenza, non scadendo in un ruffiano affresco della realtà di provincia. Pilote trova così la sua cifra stilistica originale e realistica.
La disparition del lucioles pone luce sui momenti di giovinezza dell’irrequieta protagonista Léo che, attraversando varie figure maschili, ne scandiscono la vita: quella di casa, aggressiva, quella lontana, desiderata, e quella privata che deve formarsi, per la quale troverà l’attrattiva più forte. La protagonista affronta il complicato rapporto con queste presenze che ne condizionano il passaggio da ragazza a donna. Léo, però, sceglie la fuga saltando, ripetutamente, sul primo autobus in corsa, preparandosi per la prossima avventura di vita. Un percorso che la protagonista intavola da sola, per far tornare i conti dei suoi pezzi di esistenza. Una ricerca di maturità affrontata in solitaria. Léo è una lucciola che invece di insistere a brillare vuole scomparire anche solo per un attimo; finché non sarà pronta per risplendere nuovamente.
Sta proprio nella caratteristica della protagonista di essere una scheggia impazzita la vera forza del film. Totalmente estranea a ogni tipo di servilismo è contro il conformismo e i costumi sociali degli adulti; i principali responsabili della scomparsa delle lucciole, di quel vuoto di speranze ereditato. Un mondo quello di Pilote post-industriale fatto di fabbriche dismesse e in cui i sindacati sono morti. In uno paesaggio periferico svuotato e desolato troviamo Léo che odia la gente come lo stesso incipit del film sottolinea, conscia delle piccole ipocrisie in cui sguazza il mondo adulto. Léo è quella che non ha paura di non avere opinioni e allo stesso tempo capace di identificarsi. come la regina di cuori di Alice nel paese delle meraviglie.
Una (quasi) fiaba contemporanea, che si muove tra teen movie e allusioni fantastiche, con i piedi però ben piantati in terra. Con occhio discreto Pilote dimostra come anche i rapporti possono essere sorprendenti, non abitudinari e non scontati. Ed è proprio in questi che si può trovare la chiave per guardare oltre. Del resto, come afferma la stessa Léo: «Perché tutti si preoccupano continuamente del futuro? Il futuro dura a lungo».
Alessia Ronge