Lui è un musicista talentuoso, lei una cantante formidabile. Lui è un uomo con ideali vacillanti, lei una spia della Polonia. Lui è disposto a tutto per averla, lei non lo dimenticherà mai. È amor fou, ma dopo un folgorante incontro si separano. Fino a quando entrambi si rivedono, l’Europa diventa la camera di un atto di amore e la guerra esplode nei loro cuori. La Storia è una forza gravitazionale che avvicina gli individui anche quando si allontanano per distanze siderali: dal melodramma – genere hollywoodiano delle simmetrie amorose e dei giochi dei corpi, degli inganni emotivi e delle verità dei sentimenti, in cui non c’è modo di ostacolare due destini – a Cold War – il racconto della danza di due individui dilaniati dall’esistenza, illuminati dalla musica e innalzati dalla passione. Pawel Pawliskowski firma così un’opera potente e profonda, un atto creativo che ha la forza della sensibilità più pura, una cattedrale costruita per sussurrare al cuore grazie alla voce di immagini sviluppate su precise pietre angolari – i codici cinematografici del genere già citato e dei film di spionaggio americani – e influssi vertiginosi tanto ben controllati da non sfiorare mai nel derivativo fine a se stesso.
Un film che si muove tra le ombre disegnate dentro ai fantasmi dei grandi capolavori del passato per elevarsi dai meccanismi conosciuti e osservare il teatro del mondo attraverso gli occhi di due personaggi commoventi. Personaggi – interpretati in stato di grazia da Joanna Kulig e Tomasz Kot – che permettono al regista polacco di interpretare al meglio i codici esistenziali del genere di riferimento e di sollevarli di peso attraverso una resa visiva maestosa e una storia intima, che commemora e allo stesso tempo sviluppa un discorso critico innovativo. Nel suo film il glorioso compimento della forza dell’amore sembra allinearsi alla contingenza terrena ma la passione si rivela impossibile per questo mondo, insostenibile per il respiro. Il regista sembra dirci che l’incontro di due anime è per sempre, ma solo in un punto al di là della vita; un punto – fuori campo, fuori dalla concezione degli eventi reali e filmabili – in cui il destino è una scelta, in cui anche di fronte all’immensità delle cose, nella luce dei giorni e nel buio delle notti, l’amore è un linguaggio che sconfigge il tempo e lo spazio solo perché si colloca dove queste coordinate non contano.
Il ragionamento attraverso il genere è riflessione attraverso il Cinema e la riflessione attraverso il Cinema è pensiero sulle cose che più riguardano l’uomo. L’impossibilità di essere felici e la necessità di soddisfare il sentimento al di là delle possibilità della realtà sono condizioni comunicate grazie ai movimenti di una sinfonia sublime, costruita con magnificenza lancinante, mossa lungo i microcosmi eterogenei delle capitali europee, capace di raccontare il controverso fascino di un’epoca – quella della “Guerra Fredda” – e l’altrettanto appassionante bellezza di uno sguardo. Quello di due anime spinte nel nucleo dell’azione, della Storia, dell’immagine, perse nel mondo ma in grado di evaderne, perse nel Cinema ma in grado di evaderne. Cold War è la storia del loro sguardo sul mondo e la storia dello sguardo del mondo sui loro occhi. La storia del momento in cui il loro punto di vista è sfuggito dalla realtà in cerca del destino. Capolavoro.
Leonardo Strano