L’ultima notte di Francesco Barozzi presentato al 36 Torino Film Festival nella sezione After Hours è un noir tratto da un fatto di cronaca relativamente recente (si parla del 2012) ambientato nelle campagne modenesi. Bea, in crisi esistenziale e amorosa per i rapporti difficili con la sua compagna, torna nella casa di famiglia dove vivono il fratello e la sorella per risolvere un trauma vissuto nel passato. Fin dall’inizio l’atmosfera è lugubre e decadente e Bea può constatare da subito l’ostilità dei suoi consanguinei, in particolare del fratello che l’accusa di averlo tradito e abbandonato a un padre violento e che abusava di lui.
L’ultima notte ha il sapore un po’ vintage di romanzi noir della pianura padana (alla Eraldo Baldini, ad esempio) in cui si rivelano oscuri segreti nascosti tra i rustici di campagna decadenti e gli allevamenti di bestiame colpiti dalla crisi economica. Il fratello Franco è un uomo violento e traumatizzato e la sorella minore Emi è succube e completamente plagiata. Tra i due s’intromette Bea che cerca delle risposte, non ricordando gli eventi di cui è stata testimone da ragazzina e che Franco lentamente confessa e di cui Bea prende coscienza mentre i ricordi tornano a galla.
Barozzi è al suo terzo lungometraggio, ma L’ultima notte denota tutti i limiti delle sue capacità di messa in scena. La tensione non è mai costruita in modo tale da riuscire a scaturire l’angoscia e la suspense nello spettatore. Certo, il gioco delle ombre e la colonna sonora ritmata dovrebbero nelle intenzioni essere la prima una la metafora dell’oscurità in cui vivono i personaggi e l’altra dare supporto drammatico alle immagini. Al contrario, la fotografia (con riprese in digitale molto artigianali) non riesce a controllare la densità della luce e molte sequenze lasciano al buio i protagonisti. Così come, alla fine, la musica risulta invadente e molte volte eccessivamente pleonastica per le immagini che scorrono sullo schermo.
Ma la pecca più grande di L’ultima notte è la mancanza di coraggio di spingere sul versante della morbosità dei personaggi e della storia, facendo intravedere le azioni quasi per pudicizia. Esempio eclatante sono la scena di sesso scorto in modo fuggevole da Bea tra Franco ed Emi e il finale sanguinoso della storia, che voleva essere l’apice della tensione, risolto come un qualsiasi docufiction televisivo di un programma di storie vere. L’ultima notte risulta così un’occasione mancata e sprecata per un regista pieno di velleità, ma dai pochi mezzi espressivi e con un cast imbambolato e monocorde per tutta la durata della pellicola.