The Front Runner – Il vizio del potere di Jason Reitman inizia con un piano sequenza che mostra l’ultima notte delle primarie democratiche nella campagna presidenziale del 1984, quando Gary Hart fu sconfitto da Mondale. La macchina da presa si muove tra cronisti e producer televisivi, sostenitori dei due politici, consiglieri, assistenti e tutte le persone che seguono le elezioni poliche. In pochi minuti il regista americano ci immerge in quella che è l’atmosfera di un caos organizzato come può essere un evento politico di tali dimensioni, riuscendo a fornire anche l’umore degli anni Ottanta tramite il profilmico, i costumi, le acconciature. Ci spostiamo, con un’ellissi temporale, a quattro anni dopo, all’inizio della primarie con Gary Hart superfavorito per la vittoria finale. Ma, come ci ha trasmesso la storia, il senatore del Colorado Hart interruppe bruscamente la propria corsa verso la probabile vittoria (anche delle presidenziali contro George Bush) per lo scandalo sessuale che scoppiò a causa della sua storia clandestina con la modella Donna Rice.
Reitman ha un occhio particolare per le storie che mettono in evidenza temi socio-economici e politici. Basti pensare ai suoi film più acclamati come Thank You For Smoking, dove illustra molto bene il mondo delle lobby politiche e le implicazioni sulla vita di una società, le pressioni di qualsiasi tipo sui governanti, oppure a Tra le nuvole, con un tagliatore di teste durante la crisi economica. In The Front Runner il regista americano traduce da par suo la lezione di un certo cinena della New Hollywood (pensiamo a Tutti gli uomini del presidente di Alan J. Pakula, come primigenio di questo filone) con una certa capacità spettacolare nella descrizione della cronaca e dei retroscena che portarono alla defenestrazione di Gary Hart dalle elezioni politiche.
La cifra stilistica del piano sequenza dell’incipit di The Front Runner, reiterata in alcuni punti nella seconda parte del film, illustra nella forma lo scenario e l’ambientazione in cui si muovevano i protagonisti della storia in quei giorni. Inoltre, la capacità immersiva dell’occhio di Reitman trasmette anche i diversi piani su cui si spostano i vari personaggi tra vita privata e pubblica. E qui abbiamo il tema principale che sta a cuore al regista: quanto la vita privata è importante per un uomo pubblico? Dove termina una e inizia l’altra? Oppure, semplicemente, per una personalità politica questo confine non esiste più? Inoltre, ai tempi del movimento Metoo, il fatto che Hart venga escluso per un adulterio, non è solo per una questione morale o perché abbia mentito, ma trasla la problematicità dell’oggi in quell’episodio. Così, l’utilizzo di una posizione di potere da parte di un uomo per ottenere favori sessuali da una donna è condannata dal pubblico oggi come allora.
Hurt in The Front Runner sostiene che quello che succede nella vita privata non è affare del pubblico, al contrario dell’economia e del lavoro, ma gli eventi gli daranno torto. Così come in uno scambio di battute tra i vari consulenti politici del suo staff prima e tra i giornalisti nella redazione del Washington Post poi, che non si decide a pubblicare la notizia, si fornisce la declaratoria che “i tempi sono cambiati”, facendo riferimento a John F. Kennedy e a Lyndon B. Johnson e alle loro innumerevoli relazioni extraconiugali con decine di donne. Sostenuto da un’interpretazione di livello di Hugh Jackman, nel ruolo di Gary Hart, e da una serie di caratteristi, The Front Runner – Il vizio del potere è un film dove tutto funziona per raccontare le dinamiche di un uomo schiacciato dalle sue illusioni di intoccabilità: una degna apertura per il 36 Torino Film Festival.