In streaming su Mubi, Treasure Island (L’île au Trésor) presentato nella sezione del Concorso Ufficiale – Premio Amore & Psiche del MedFilm Festival, è il terzo lungometraggio del regista francese Guillame Brac.
Un film dalla forma documentaria che si addentra poi abilmente nel territorio della finzione.
Come il pittore Seurat rappresentava vacanzieri intenti a rinfrescarsi dalla calura estiva nelle rive della Senna, anche Guillame Brac mostra l’atteso esodo estivo a L’île de loisirs de Cergy – Pontoise in L’île au Trésor.
È un grande parco giochi acquatico immerso nel verde, permeato da toni leggeri e divertenti, che si configura allo spettatore come un angolo di paradiso, cornice idilliaca di ristoro e svago per gente di ogni età: gremito nelle ore più calde del giorno e contemplata oasi di pace e tranquillità al crepuscolo.
Come il celebre e omonimo romanzo di Stevenson ha come oggetto del proprio racconto un’isola, dimensione di affascinante evasione per chi vi si addentra, anche il film di Brac esplora un mondo dal fascino esotico, che simboleggia la fuga dalla routine quotidiana della città, rievocando sin dalle prime immagini lo stesso immaginario avventuroso.
Un gruppo di bambini incuriositi si intrufola nel parco per entrarvi senza pagare, alcuni ragazzi si tuffano nel lago da alti pontili e piramidi ancestrali, altri si scoprono invece a flirtare sulla spiaggia con delle ragazze mentre un anziano racconta storie con nostalgia.
Accanto allo stupore dell’infanzia c’è il desiderio universale di vivere esperienze stimolanti ed emozionanti, spinti da una sensazione primordiale di libertà e spensieratezza che da sempre domina l’individuo.
Brac ritrae il fascino di un luogo sospeso nel tempo infinito di un’estate calda e luminosa, dove si incrociano le storie di vari microcosmi, istantanee di varie generazioni e diverse etnie, rappresentanza dell’odierna Francia multietnica.
Nonostante una pioggia incessante segnerà la fine della stagione estiva, rendendo l’ambiente aspro e inospitale, due bambini restano a giocare nella natura. L’epigrafe finale celebra il mondo dell’infanzia, ormai perduto, che riaffiora sempre come un ricordo nostalgico.
Silvia Scarpini