Più che con il classico applauso intenso e prolungato, ritualmente tributato alle proiezioni più appaganti di un festival, l’accoglienza che il pubblico triestino ha riservato al film di Zach Lipovsky e Adam Stein (col primo presente in sala a raccogliere l’ovazione) potrebbe tranquillamente concorrere con qualche concerto di Vasco Rossi all’Olimpico: stesso irrefrenabile entusiasmo, da parte dei suoi fan più accaniti. Non che la cosa ci sia dispiaciuta, anzi, allo scrosciante applauso e ai gridolini di giubilo ci siamo accodati volentieri anche noi. Perché la scoperta di Freaks, in concorso quest’anno al Trieste Science + Fiction Festival, è stata davvero qualcosa di folgorante.
Inizio alla A Quiet Place, per certi versi. Visto che analogo è il senso di apparente normalità famigliare, turbata però da stati di inquietudine che, sin dalle prime stranianti interferenze, lasciano presagire il peggio. Nella grande casa che pare non avere rapporti col vicinato (portone d’ingresso sprangato, finestre parzialmente oscurate) vivono una bambina di 7 anni e suo padre. La piccola Chloe (cui dà vita con impressionante energia la baby attrice Lexy Kolker, autentica rivelazione del film) deve seguire in modo ferreo le regole, a prima vista così stravaganti, che le vengono imposte di continuo dal papà, interpretato a sua volta da uno spigliato e credibilissimo Emile Hirsch. Alla ragazzina è stato detto che all’esterno girano persone molto cattive. Ma i programmi televisivi intercettati in casa continuano a martellare la popolazione con una serie di inviti a prestare attenzione e a denunciare potenziali sospetti, poiché in giro circolerebbero ancora alcuni di quegli individui dagli speciali poteri che nel recente passato, braccati senza tregua dai “normali”, hanno causato ingenti distruzioni. La gente li chiama “freaks”. Saranno veramente loro i “cattivi” di questa tesissima parabola cinematografica? Chissà, intanto si comincia a intuire che la bambina ha, al pari del padre, il dono di interferire con lo spazio-tempo. E l’incontro con un enigmatico, stralunato Gelataio (ossia il mitico Bruce Dern rivisto il giorno prima in 2002: La seconda odissea, proiezione con la quale si è voluto omaggiare sul grande schermo Douglas Trumbull, lo straordinario ospite di questa edizione del festival), farà prendere coscienza a Chloe di tante cose. Compresa la natura dei propri poteri, terrificanti ma all’occorrenza soterici; ancor più utili, quindi, se si considera che la madre, una Amanda Crew pure lei molto in parte, dopo che la si è creduta morta a lungo versa comunque in uno stato di grave pericolo, ed avrebbe bisogno di aiuto immediato…
Volendo sintetizzare, è con rara astuzia narrativa che Zach Lipovsky e Adam Stein hanno saputo mettere in scena un thriller Sci-Fi dall’appeal mutevole, camaleontico, che nell’alludere alla repressione della diversità e alle più spietate forme di controllo sociale strizza l’occhio con intelligenza allo spettatore, abbinando felicemente una sceneggiatura di spessore a soluzioni registiche di notevole impatto visivo. La filosofia di fondo pare essere quella degli X-Men. La spietatezza con cui vengono rappresentati eventi paranormali e sovrumani ricalca alla lontana (ma neanche troppo) i passi del Cronenberg di Brood (1979) e Scanners (1981). Gli stessi effetti speciali, ben dosati, accompagnano degnamente un crescendo narrativo che vede deflagrare tutte le potenzialità del racconto. Fino a un epilogo di grande forza emotiva, sconvolgente e al contempo assai elettrizzante.