Considerato uno dei maggiori registi della storia del cinema, nell’arco di quasi quarant’anni – da Lo sceicco bianco del 1952 a La voce della luna del 1990 – ha “ritratto” in decine di lungometraggi una piccola folla di personaggi memorabili. Definiva se stesso “un artigiano che non ha niente da dire, ma sa come dirlo“. Ha lasciato opere ricche di satira e velate di una sottile malinconia, caratterizzate da uno stile onirico e visionario. I titoli dei suoi più celebri film – La strada, Le notti di Cabiria, La dolce vita, 8½ e Amarcord – sono diventati dei topoi citati, in lingua originale, in tutto il mondo. Candidato 12 volte al Premio Oscar, per la sua attività da cineasta gli è stato conferito nel 1993 l’Oscar alla carriera. Ha vinto inoltre due volte il Festival di Mosca (1963 e 1987), la Palma d’oro al Festival di Cannes nel 1960 e il Leone d’oro alla carriera alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1985. I suoi film La strada, Le notti di Cabiria, 8 1/2 e Amarcord hanno vinto l’Oscar al miglior film straniero.
Ginger e Fred è un film del 1985 diretto da Federico Fellini, con Marcello Mastroianni, Giulietta Masina, Franco Fabrizi. Il film segna l’inizio della collaborazione tra Fellini e Nicola Piovani, collaborazione che il regista vorrà proseguire per tutte le sue opere successive. Tra squarci sognanti e affollamenti davvero ben diretti, in cui la normalità ancora una volta diventa assurda parodia di sé stessa, Ginger e Fred diventa una profezia dell’Italia (e in generale della società) del futuro, la fine di un sogno per lasciare spazio a un incubo che, per essere esorcizzato, viene visto come ridicolo e insulso, ma che purtroppo ha davvero condizionato l’esistenza di tutti fino ad oggi. Fellini riesce a essere profondamente intimista e al contempo parla a chiunque, il suo sogno è (diversamente dal seppur bello La voce della luna) qualcosa di profondamente impresso nella realtà, di vicino alle nostre vite concrete. Non era così commovente dai tempi de La strada, mai è stato tanto innamorato dei suoi protagonisti, nonostante Gelsomina e Cabiria. Il suo cinema ci dice con tristezza addio.
Sinossi
Amelia e Pippo, in arte Ginger e Fred, avevano avuto successo sui palcoscenici di provincia nei lontani anni Quaranta. Si ritrovano, dopo decenni, per partecipare a un varietà di vecchie glorie organizzato da una televisione privata. Un’esperienza da incubo, ma ai due resterà il piacere di essersi ritrovati per un momento.
Prova d’orchestra è un film del 1979 diretto da Federico Fellini. Fellini definì un filmetto quella che è, a tutti gli effetti, un’opera che s’inserisce perfettamente nell’ottica dei suoi lavori precedenti. Fu presentato fuori concorso al 32º Festival di Cannes. In soli settanta minuti, Federico Fellini riassume quello che a un occhio superficiale e poco allenato può sembrare un’anomalia rispetto alla sua solita produzione. Un Fellini che si lascia alle spalle il suo mondo per scendere fra gli umani e raccontarne le gesta. Basta leggere le cronache di quegli anni per capire: “Il Fellini sognatore, visionario, narcisista inguaribile, instancabile raccontatore di sé, avverso a ogni forma di impegno, è uscito dal proprio “ego” per dare uno sguardo fuori, alla realtà che ci circonda, mettendoci sotto gli occhi una immagine inquietante dell’Italia odierna“. Il «politico» di Fellini non è quello di Francesco Rosi o di Elio Petri, è un «politico» legato sempre a un mondo di favola, magico, fantastico, che nasce da lontane evocazioni e da ricordi dell’infanzia. Ed ecco che ancora una volta scivola nelle immagini la paura di aver toccato e perso il sogno, nel tentativo di concedere legittimità e forza ad un’arte sempre più collusa con la televisione con la colpa, da parte di quest’ultima, di restituirla alle masse priva del suo fascino. E l’ordine felliniano, da non confondere con quello autoritario di vecchia memoria, è solo un modo per riaffermare la propria autorialità all’interno di un mondo che ha mescolato a tal punto i meccanismi del desiderio da renderli inutilizzabili.
Sinossi
Gli orchestrali sono arrivati nella cappella del Duecento dove devono provare un concerto. Ci sarà anche la televisione e tutti si affannano a chiedere spiegazioni al direttore e al sindacalista, che indice uno sciopero contro l’autoritarismo del maestro. L’azione viene interrotta dalla demolizione di un muro: appena la nube di polvere si è dissolta le prove riprendono, ma il direttore inizia a fare un comizio in italiano e in tedesco. Meno visionario di altri film di Fellini, più propenso alla metafora politica (siamo nel pieno degli anni di piombo, poco dopo il sequestro Moro), il film conferma la grande abilità del regista nel proporre grandi affreschi collettivi.