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Festival di Roma

Festa del Cinema di Roma: My dear prime minister di Rakeysh Omprakash Mehra è un piccolo raggio di luce che illumina un panorama scarno e insipido

Rakeysh Omprakash Mehra, con il suo My dear prime minister, contribuisce a risollevare lievemente un’edizione decisamente da non ricordare della Festa del Cinema di Roma, fornendo un raro apporto di personalità e di essenza propria

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Rakeysh Omprakash Mehra, con il suo My dear prime minister, contribuisce a risollevare lievemente un’edizione decisamente da non ricordare della Festa del Cinema di Roma, fornendo un raro apporto di personalità e di essenza propria che in qualche modo si svincola dal concetto del film a tema, denominatore comune a molte delle opere proposte quest’anno. Nonostante sia pregno di tutti quei tratti distintivi del cinema popolare indiano ascrivibili al genere Bollywood, con tanto di lingua hindi, costumi caratteristici, colonna sonora comprendente canzoni tipiche che si inserisce nella trama a mo’ di musical, ricordando film più noti come The Milionaire di Danny Boyle, e quindi non propriamente definibile originale, trattasi di un lavoro le cui qualità sono in qualche modo assimilabili a quelle di Green Book di Peter Farrelly, un altro dei pochi film apprezzabili e degni di nota visti alla Festa di quest’anno, nel senso che affronta e denuncia delle realtà infelici e delle condizioni incresciose, partendo da un punto di vista leggiadro, coinvolgendo lo spettatore senza mai appesantirlo.

Mehra costruisce intorno a una condizione reale, che riguarda attualmente il suo paese, una piccola favola dolce e ricca di positività e di delicatezza, che non coprono, né nascondono, dietro un positivismo forzato, gli elementi gravosi che il film vuole denunciare, ma diventano i canali che li veicolano. In India esistono ancora oggi tanti contesti abitativi anche ampi, come Gandhi Nagar, la baraccopoli in cui si ambienta il racconto, il cui nome è ispirato al Mahatma Gandhi, nei quali nonostante vi sia stata un’evoluzione tecnologica abbastanza in linea con il resto del mondo, che non esclude la presenza comune di elettrodomestici, antenne satellitari, internet e smartphone, paradossalmente e assurdamente, non esistono servizi igienici. Le case non sono dotate di bagni.
Così le persone defecano all’esterno. In particolare le donne, sono costrette a uscire in gruppo per espletare i loro bisogni, rischiando di essere aggredite o di correre dei pericoli. Questa realtà è tuttora una delle maggiori condizioni in cui avvengono gli stupri in India, anche ai danni di bimbe dell’età di meno di dieci anni. Così Kannu (Om Kanojiya), un bambino di otto anni incredibilmente espressivo, piccolo protagonista del film, dopo che la madre, interpretata dalla bellissima Anjali Patil, viene violentata, tra l’altro da un poliziotto, durante una delle sue escursioni notturne, entrando poi in un comprensibile stato di depressione, senza essere ancora in grado di capire la gravità di ciò che è successo, ma non sopportando di vederla soffrire, si mette in testa che la soluzione affinché la donna sia al sicuro e torni a star bene sia la costruzione di un bagno. Ed è determinato a fare qualsiasi cosa per realizzarlo, dal realizzarne uno di fortuna con le sue mani allo scrivere una lettera al Primo Ministro perché possa aiutarlo.

My dear prime minister si sviluppa attraverso le peripezie di questo piccolo monello per raggiungere il suo obiettivo, passando per la testimonianza dei meravigliosi colori e delle tradizioni tipiche del luogo e non disdegnando di dare spazio anche ad altre condizioni quali l’abuso di potere o le malattie sessualmente trasmissibili. Sono diversi gli aspetti del film degni di nota al di là della narrazione, che pure è curata e più che soddisfacente nel rappresentare un racconto carino e gradevole. Vi è per esempio la scena di una festa tradizionale, in cui i balli, le musiche, i costumi e, soprattutto, i meravigliosi e vivacissimi colori si uniscono e si intrecciano costituendo un piccolo nucleo di energia e vitalità che viene trasmesso allo spettatore con notevole intensità in tutta la sua forza. Contemporaneamente non mancano momenti commoventi: particolarmente toccanti quelli in cui Kannu gioca e canta insieme alla madre, prima e dopo la violenza, e ancora quando lei cerca di convincerlo a chiedere perdono davanti al tempio della loro divinità per aver rubato, e lui risponde di non averne alcuna intenzione e che semmai dovrebbe essere Dio a scusarsi con lui per aver permesso che lei venisse violentata.

Un bel risultato inatteso, quindi, questa godibile pellicola indiana, una modesta produzione, curata ed efficace, che rappresenta un piccolo raggio di luce che illumina il panorama abbastanza scarno e insipido di quest’anno.

  • Anno: 2018
  • Durata: 105'
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: India
  • Regia: Rakeysh Omprakash Mehra