Millennium quello che non uccide, l’ultimo film della saga e reboot della serie cominciata da David Fincher nel 2012, è stato presentato al Festival del Cinema di Roma. Cambiano gli attori, regista e sceneggiatore, ma la protagonista rimane la stessa. Lisbeth Salander, la hacker che difende le donne dagli uomini violenti, interpretata da Claire Foy.
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Dal giallo allo spionaggio
Nell’adattamento dall’omonimo libro di David Lagercrantz, Lisbeth e il giornalista Mikael Blomkvist (Sverrir Gudnason). I due si ritrovano loro malgrado al centro di un intrigo internazionale tra spie americane e polizia svedese. Diretto da Fede Alvarez, Millennium quello che non uccide sembra cercare una differente cifra stilistica, per discostarsi dai precedenti adattamenti precipitati nell’oblio della dimenticanza. Scritto da Steven Knight, il lungometraggio sembra prendere ispirazione più da un moderno James Bond, genere con cui il secondo capitolo della saga sembra dialogare di più, ma senza ambire all’iconicità del suo protagonista.
Differente infatti anche la Lisbet Salander di Foy, sia nell’aspetto che nel comportamento. Meno appariscente e minimale, sia nell’interpretazione che nel carattere del personaggio. Poi, una donna in rosso (Sylvia Hoeks) sullo sfondo di una gelida Svezia sarà il nodo centrale di tutta la trama, in netta contrapposizione con il nero indossato da Lisbeth. Sembra quindi essere fin da subito un film sui contrasti, ma è anche, e soprattutto, un film in contrasto con il pubblico, special modo nella prima parte del film. I protagonisti sono giornalisti, spie e hacker, ma tutte le informazioni e gli indizi sono così evidenti che la trama stessa risulta essere fin troppo prevedibile. La storia ha un inizio piuttosto sbrigativo, come se preparasse lo spettatore a qualcosa di imprevedibile e molto più interessante, ma che non succederà mai.
Contrasti a netto dei difetti
In Millenium, Alvarez lavora soprattutto sull’aspetto e sui colori. E’ infatti nel modo in cui mostra i suoi personaggi che il lungometraggio convince di più. Ma è nell’interpretazione che il nuovo capitolo della saga pecca maggiormente. La Lisbeth interpretata da Foy, nota al pubblico soprattutto per l’interpretazione di The Crown, non sembra mai completamente a suo agio nei panni della hacker. La precedente prova attoriale di Rooney Mara, aveva dato non solo uno sguardo forte e penetrante, ma anche una fisicità spigolosa come il carattere. Fisicamente, l’attrice inglese non raggiunge lo stesso equilibrio, ma è soprattutto nei primi piani – con il forte contrasto tra l’azzurro splendente del suo sguardo e la neve gelida della Svezia – che l’interprete raggiunge la giusta intensità.
La saga contiene numerose opportunità di rilancio e lo dimostra anche l’attenzione che il cinema dedica a questa storia. Millennium quello che non uccide, non è sicuramente il prodotto che serviva per rilanciare una saga già immobilizzata da tempo.