Per la prima volta in dvd, con Ripley’s Home Video, il rarissimo Stella del cinema di Mario Almirante
Con un utilizzo disinvolto e assai dinamico della macchina da presa, che non di rado si produce in suggestivi carrelli e piani sequenza, Mario Almirante conduce lo spettatore all’interno della fabbrica dei sogni, negli studi della Cines, attivi dal 1931 al 1935, fino a che un rovinoso incendio non ne decretò la fine
Ripley’s Home Video ha avviato una nuova collana editoriale, intitolata Perduti nel buio, dedicata al recupero dei classici invisibili del cinema italiano. Un’iniziativa che si propone innanzitutto come divulgativa, ma che suggerisce anche percorsi inediti che gettano nuova luce su momenti e tendenze del grande cinema italiano. In linea con la politica editoriale, i titoli presentati in edizioni filologicamente accurate, sono il frutto di ricerche su rari materiali d’epoca che hanno portato anche alla ristampa e al salvataggio di nitrati oggi unici. La collezione, che spazia in mezzo secolo di cinema, si concentra, in questa prima fase, sugli anni Trenta e sui primi Quaranta, con alcune incursioni nel muto e una particolare attenzione per le produzioni della Cines, la più importante casa cinematografica dell’epoca.
La prima, interessantissima opera di questa straordinaria iniziativa è il meraviglioso Stella del cinema (1931) di Mario Almirante (padre del più celebre – politicamente – Giorgio), il quale, dopo aver realizzato una ventina di film, con l’avvento del sonoro diresse un lungometraggio atipico, uno dei primi esempi metacinematografici della storia del nostro paese. Con un utilizzo disinvolto e assai dinamico della macchina da presa, che non di rado si produce in suggestivi carrelli e piani sequenza, il regista conduce lo spettatore all’interno della fabbrica dei sogni, in quegli studi della Cines (attivi dal 1931 al 1935, fino a quel rovinoso incendio sulle cui ceneri sorse la più fortuna Cinecittà), in cui all’epoca veniva realizzata la maggior parte dei nostri film. Per tale motivo, sebbene non manchi una storia di finzione – non particolarmente travolgente – a costituire il plus valore di Stella del cinema è lo sguardo a tratti quasi documentaristico attraverso cui si mostra la dimensione prosaica del mondo patinato del cinema. Bellissima, in tal senso, è la sequenza in cui si vedono alcune ballerine, che partecipano a uno dei tanti film in lavorazione, osservare con religiosa attenzione il pannello luminoso su cui appaiono le pietanze servite per il pranzo della giornata. In generale, però, ciò che stupisce e meraviglia lo spettatore contemporaneo non è la messa in scena del fuori campo del cinema quanto, piuttosto, l’umanità mostrata, così differente da quella attuale, “gentile”, senz’altro anche ingenua, ancora capace di farsi suggestionare dall’incanto della vita.
Le vicissitudini di una giovane attrice esordiente diventata all’improvviso celebre (Grazia Del Rio), e per tal motivo in crisi con il fidanzato rimasto invece relegato al ruolo di mera comparsa (Elio Steiner, uno dei più quotati attori di allora, insieme a Vittorio De Sica, Gianfranco Giachetti, Ennio Cerlesi, Mino Doro), costituiscono il pretesto per innescare il movimento d’indagine del film, un’incursione nel dietro le quinte dello “spettacolo”, una retrovia invisibile in cui si aggirano soggetti sconosciuti al grande pubblico (tra l’altro sono presenti veri lavoratori degli studi), eppure indispensabili alla realizzazione della “grande evasione cinematografica”. Ma non si può a rigore affermare che esista davvero una soglia che divida, separandoli, il campo dal fuori campo: intercorre tra di essi una sorta di indiscernibilità per cui ciò che dovrebbe essere la premessa dello spettacolo è essa stessa già spettacolo. Insomma, non è possibile distinguere fino in fondo il risultato finale dal lavoro eseguito per ottenerlo, così come non si dà una differenza ontologica, stricto sensu, tra potenza e atto. Il farsi opera di un film è già film, ed è proprio per tale ragione che Stella del cinema, come altri esperimenti realizzati in precedenza da alcune grandi major americane, riesce a intrattenere piacevolmente lo spettatore, laddove mostrandogli l’essenza del cinema (il supposto “dietro le quinte”) al tempo stesso lo rende partecipe della sua esistenza. Non si vuole, in questa occasione, negare, alla maniera dei Megarici, la realtà della potenza, quanto, piuttosto, evidenziare la sostanziale impossibilità di differirla, sul piano della manifestazione (fenomenologicamente), dall’atto.
Il lettore, dunque, avrà ben compreso quanto un film apparentemente innocuo come questo sollevi, invece, questioni assai importanti, dal punto di vista estetico, senza contare il suo enorme valore dal punto di vista della storiografia cinematografica del nostro paese. Tra l’altro, Ripley’s Home Video ha reso disponibile in dvd una splendida copia, ottenuta grazie a un lungo lavoro di recupero che ha permesso di digitalizzare in 2K ed archiviare il negativo originale del film in formato dati prima di una sua inevitabile scomparsa per decomposizione del supporto nitrato 35mm. Le immagini di Stella del cinemasono state sottoposte a interventi di restauro, permettendone la salvaguardia integrale. Sono presenti, inoltre, eccezionali contenuti speciali, quali il trailer originale del film e un rarissimo numero della Rivista Cines.