Il messia, un film drammatico ispirato alla vita di Gesù di Nazaret, diretto nel 1975 da Roberto Rossellini. È il terzultimo film del regista, che ne è stato anche co-sceneggiatore con Silvia D’Amico Bendico e Jean Gruault (che ne ha curato l’adattamento per la versione francese), due anni prima della morte. Il film è stato girato interamente in Tunisia con la coproduzione minoritaria del noto produttore tunisino Tarak Ben Ammar. Il messia fu presentato in prima mondiale in Italia il 25 ottobre 1975 al festival cinematografico di Montecatini; la distribuzione ebbe poi luogo, in Francia, dal 18 febbraio 1976 e, in Italia, dal 30 settembre dello stesso anno. Fotografia di Mario Montuori e musiche di Mario Nascimbene. Con Pier Maria Rossi, Mita Ungaro, Carlos de Carvalho, Fausto Di Bella, Vittorio Caprioli, Toni Ucci, Jean Martin, Renato Scarpa, Tina Aumont e Flora Carabella.
Sinossi
Ispirata ai quattro Vangeli (ma in particolare a quello di Marco) con una forte componente mariana e una premeditata omissione del contesto storico-politico, questa vita di Cristo si rivolge all’umanità più che alla divinità del personaggio, espungendo gran parte dei miracoli e le profezie sulla fine del mondo e riducendo al minimo i riferimenti al soprannaturale. Esplicitamente popolare nel rispetto della tradizione iconografica, quasi da presepio, è un film tutto rosselliniano nell’illuminata indolenza, nel ritmo incalzante, nella disadorna semplicità della scrittura, nella trasparenza dello stile che può sembrare sciattezza. Per la prima volta nel cinema cristologico c’è la scena della Pietà: il Cristo morto in grembo alla madre.
“Non si può mica vivere senza Rossellini”, sentenziava un personaggio di Prima della rivoluzione di Bernardo Bertolucci, riferendosi ai capolavori del Neorealismo. E non si può restare indifferenti dinanzi al progetto enciclopedico concepito e realizzato da L’età del ferro in poi. Un progetto didattico con l’obiettivo non semplice, e purtroppo dilapidato dalla concorrenza della tv commerciale, di debellare l’ignoranza propria e altrui facendo conoscere la storia del pensiero umano. Un progetto utopista ideato da un autentico utopista. In questa personale linea del tempo non poteva mancare un film da dedicare alla figura di Gesù, anzi del messia. Fin dal titolo una distinzione importante: Il messia, colui che venne invocato dai profeti per guidare le genti d’Israele e soddisfare la loro giustizia di potere. Dopo aver sopportato re dispotici, sanguinari, prevalentemente portati alla guerra, una figura che portasse pace e al contempo ribellione civile era tanto attesa. Anche se “il vero re è l’eterno”. Rossellini decide di assumere un rapporto razionale con i Vangeli, li segue alla lettera, interpretandoli e rappresentandoli col suo stile documentarista, con la nuova scrittura filmica inaugurata un decennio prima, forse già con L’india vista da Rossellini del ’58. Egli infatti poco prima delle riprese auspicava: “Nella mia intenzione dovrebbe essere un’opera utile a noi uomini moderni, lacerati, obnubilati, dimentichi, smarriti. Nell’affanno che ci opprime ricerchiamo tumultuosamente idee, ideologie, credenze e fedi. Nell’ansia, l’inquietudine e la confusione che si sono diffuse potrà essere illuminante per molti la rilettura attenta ai Vangeli”. Un approccio laico sulla carta che trasuda spiritualità e aderenza al messaggio di Cristo. La sua figura è rappresentata e filmata sempre con altri interlocutori: la “plebaglia”, come la definiscono i Farisei, i discepoli, i familiari. Egli (il messia) non appare mai in solitaria, allo stesso tempo le sue parole non hanno toni dottrinari, parole e azioni vengono espressi all’unisono. È un Gesù spesso indaffarato a fare qualcosa o aiutare qualcuno. Rossellini, inoltre, decide di togliere ogni patina prodigiosa ai miracoli, ci mostra i pesci pescati e non la pesca, i pani moltiplicati e non la moltiplicazione e, nel bellissimo finale, Maria che corre verso il sepolcro vuoto, alza gli occhi e le braccia al cielo, alle nuvole. Il regno di Dio (o dei cieli) è interiorità, amore, libertà. Come si è scritto altrove, e meglio, è un apologo sul potere in cui il messia è un povero tra i poveri che porta saggezza e speranza laddove c’è solo arroganza e crudeltà (ben evidenziata da Erode il Grande, Erodiade e i Farisei), incertezza e debolezza. Il messia, anche dal punto di vista figurativo, è splendido, con ottime ricostruzioni naturali della Galilea. Tecnicamente è coerente con i toni sobri e discreti del messaggio e dello stile rosselliniano; i costumi sono di Marcella De Marchis, la fotografia di Mario Montuori, le musiche essenziali e delicate di Mario Nascimbene. Nel cast attori professionisti e non si mescolano in modo omogeneo: il Cristo di Piermaria Rossi, doppiato da Enrico Maria Salerno, e Maria, con il bellissimo volto di Mita Ungaro; Vittorio Caprioli, Toni Ucci e Jean Martin in ruoli importanti, anch’essi doppiati; infine, Renato Scarpa, Tina Aumont e Flora Carabella.