Angel Face: il viso d’angelo di Marion Cotillard brilla come sempre nell’opera d’esordio di Vanessa Filho
In concorso nella sezione Un Certain Regard, Angel Face è un'opera d'esordio intima e complessa, con una Marion Cotillard sempre eccezionale nel ruolo di una madre allo sbando
Presentato in concorso a Cannes 2018, nella sezione Un Certain Regard, Angel Face racconta la storia di Marlène (una sempre eccezionale Marion Cotillard) e della piccola Elli (la sorprendente Ayline Aksoy-Etaix), alla vigilia delle ennesime nozze della donna, costantemente in balia di alcool e pronta alla fuga.
Angel Face | Il rapporto madre-figlia
Scritto e diretto dalla videoartista Vanessa Filho, qui al suo debutto cinematografico, il film mostra numerosi elementi di interesse, a partire dalla tematica del rapporto madre-figlia, vero e proprio fulcro dell’intera vicenda, che è però un legame particolare.
Sin dalle primissime scene appare evidente quanto la bambina sia caricata di un peso troppo grande per la sua età: il ruolo che le viene attribuito – quello di prendersi cura di una mamma allo sbando – non le spetterebbe e proprio a causa di ciò viene inevitabilmente condotta verso un baratro pericoloso e impossibile da gestire.
Man mano che la narrazione prosegue, infatti, vediamo Elli somigliare sempre più a quello che per ogni bambina è e dovrebbe essere un modello, la propria madre. Le cose si complicano se, come in questo caso, l’adulto in questione è un’alcolizzata immatura, incostante, preda degli eccessi ed incapace di prendersi cura di se stessa e della propria figlia.
Angel Face | L’invito alla riflessione sulla società di oggi
Angel Face tenta quindi di mostrare un aspetto diverso dell’infanzia, purtroppo reale e probabilmente più comune di quanto si possa immaginare, e di scuotere gli animi degli spettatori, portandoli a porsi domande e a riflettere sulla società di oggi.
Ed è qui che sta il vero punto di forza della pellicola, la cui prima parte è tutta incentrata su un rapporto ancestrale e su come esso incida sulle esistenze delle due protagoniste, come le modelli e le cambi in maniera graduale (e distruttiva).
Ma nella seconda parte cambia tutto: le due si perdono e così anche il film sembra deragliare, virando in qualche modo verso un altro tipo di discorso che poco c’entra con quanto detto in precedenza.
Angel Face e il cambio di direzione
Viene inserito un elemento che, per quanto possa essere attinente al personaggio di Elli, devia completamente la direzione che l’opera stava seguendo, ossia una figura maschile: l’entrata in scena di Julio (Alban Lanoir) interrompe quel flusso di emozioni legato alla maternità e alle difficoltà intrinseche del ruolo, costringendo inconsciamente a staccarsi dalla narrazione e a ricominciare il percorso di immedesimazione che è però ormai “contaminato”.
Peccato, soprattutto perché l’idea alla base è forte e importante, al di là della complessità e dello sguardo soggettivo con cui viene raccontata; inoltre, le prove dell’intero cast sono più che valide e i contributi tecnici (dalla fotografia ai costumi e alla colonna sonora) sono di altissimo livello. E non è da meno la splendida cornice della Costa Azzurra che sembra fare da contraltare alle disgrazie che coinvolgono i personaggi.
Nonostante tutto, va ricordato che ci troviamo di fronte a un’opera d’esordio, intima e difficile, nata dalla necessità e dal desiderio di raccontare la dipendenza, la solitudine, l’amore e la percezione della sua assenza, tutte tematiche particolarmente delicate, eterogenee, piene di sfumature e stratificazioni. E se Angel Face sembra riuscito solo a metà, e forse non aggiunge nulla al genere al quale appartiene, lode comunque al coraggio e alla determinazione di Filho, approdata niente meno che alla Croisette.
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