Stefano Anselmi firma la regia del film Non è vero ma ci credo con Nunzio Fabrizio Rotondo e Paolo Vita, sia autori sia attori protagonisti, unici a conservare il loro vero nome tra i personaggi della storia. Scelta che vuole mettere l’accento sul lungo sodalizio della coppia, nato agli inizi degli anni novanta nella televisione musicale romana Magic TV e qui celebrato per la prima volta sul grande schermo, come se si volesse ripercorrere l’esempio di curriculum artistici di altre coppie cinematografiche del passato, o di quelle ancora in voga.
Amici dalla prima elementare, nel film viene raccontata la continua sfortuna che i due incontrano nei loro affari, continuamente falliti e sempre finanziati dalle loro mogli, le quali minacciano ora di sbatterli fuori di casa. L’ennesima idea di business è la svolta del film che trascina lo spettatore in un vortice di eventi buffi e divertenti: aprire un ristorante vegetariano. Ma contattare erroneamente un critico culinario amante spassionato della carne al sangue li pone di fronte alla necessità di trasformare il locale in una bisteccheria per tentare l’ingranaggio.
Il soggetto, apparentemente banale, con il rischio di cadere nel dejà vu e “il già sentito”, si trasforma, invece, in una surreale e grottesca ma del tutto convincente commedia all’italiana. La recitazione degli attori risulta, purtroppo, in alcuni momenti, macchinosa e arrugginita, un po’ troppo pletorica per una sala cinematografica; ma la sceneggiatura, le espressioni attoriali e il montaggio ritmico aiutano a caricare lo schermo di quegli eccessi necessari a rendere partecipe lo spettatore, fornendo momenti comici che fanno scattare, in più momenti, un riso spontaneo. La coppia Nunzio & Paolo, dalla comicità naif, coinvolge il cast in una serie di gag ben strutturate e funzionali a rendere la commedia spassosa; decisamente umoristico è l’approccio alle tematiche e alle contrapposizioni ideologiche della nostra contradditoria società.
Non è vero ma ci credo, attraverso un linguaggio diretto, mostra un aspetto crudo e bizzarro della contemporaneità, che è quello di seguire la corrente e la massa – aberrante il momento show nel ristorante dove sembra di assistere a uno spettacolo ridotto tra gladiatori o, ancora, il paradosso del critico culinario che non riconosce cosa stia realmente mangiando – e altri esempi che non possono essere rivelati. Cameo meritevole di Maurizio Lombardi che, tra stupore e simpatia, svela un secondo, se non un terzo, personaggio fino alla fine del film.