Truth – Il prezzo della verità, un film del 2015 scritto, diretto e co-prodotto da James Vanderbilt, al suo debutto da regista, con protagonisti Cate Blanchett e Robert Redford. La pellicola è l’adattamento cinematografico delle memorie della giornalista Mary Mapes, intitolate Truth and Duty: The Press, the President and the Privilege of Power e racconta del servizio tv trasmesso nel settembre 2004 dalla CBS nel corso della trasmissione giornalistica 60 Minutes di cui la Mapes era produttrice, noto come Killian documents, sul servizio militare svolto dal futuro presidente George W. Bush nella Guardia Nazionale del Texas, per evitare di partecipare alla guerra del Vietnam. Truth – Il prezzo della verità è stato selezionato come film d’apertura della 10a edizione della Festa del Cinema di Roma. In Italia al Box Office ha incassato 551 mila euro.
Sinossi
Il film racconta la controversa vicenda che portò alla messa in onda, la sera dell’8 Settembre 2004, dell’inchiesta riguardante il Presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, in particolare la sua permanenza nella Guardia Nazionale Aerea negli anni della guerra del Vietnam. Tale servizio giornalistico, prodotto da Mary Mapes (Cate Blanchett), avente come anchorman Dan Rather (Robert Redford), suscitò fin da subito grande scalpore per le pesanti accuse, nei confronti del Presidente, di aver ottenuto l’ingresso nella Texas Air National Guard grazie a un favore e con lo scopo di evitare la partenza per il Vietnam facendosi, successivamente, trasferire presso l’Alabama Air National Guard dal quale, secondo documenti forniti alla redazione, egli risultava assente.
La recensione di Taxi Drivers (Luca Biscontini)
“L’informazione ‘informa’ i fatti, non ‘dei’ fatti“: così Carmelo Bene, in un epico corpo a corpo col mezzo televisivo, infieriva sul mondo dell’informazione – composto per lo più da ‘gazzettieri’ – ripetendo la lezione del filosofo francese Jacques Derrida, che aveva dedicato tutta la sua ricerca al linguaggio, svelandone paradossi e contraddizioni. Insomma, è la notizia a creare il fatto da riferire e non viceversa. Ecco perché vedendo questo Truth di James Vanderbilt, sceneggiatore alla sua prima regia, non si riesce mai a empatizzare con i personaggi, che nel film dovrebbero incarnare i paladini della libera informazione; essi costituiscono semplicemente il rovescio speculare dell’informazione di regime, non pongono davvero in essere un gesto radicale di sottrazione rispetto a ciò a cui siamo quotidianamente esposti attraverso i mezzi di comunicazione. Tutto l’affannarsi per reperire documenti e testimonianze atti a sostenere la loro versione dei fatti – nella fattispecie che il presidente George W. Bush avrebbe usufruito di un trattamento di favore, accedendo alla Guardia Nazionale in qualità di pilota, sottraendosi in tal modo alla leva militare che l’avrebbe condotto in Vietnam a rimpinguare le forze armate statunitensi lì dislocate – dimostra proprio il lavoro di ‘costruzione’ della notizia, in questo caso mosso dall’intenzione di screditare agli occhi dell’opinione pubblica l’integrità morale del presidente in carica in procinto di rinnovare il proprio mandato. A ingarbugliare ulteriormente la situazione giungono le accuse dal web che contestano l’autenticità dei documenti presentati dai giornalisti per supportare la loro tesi. E, dunque, assistiamo a un processo di verifica interno all’informazione stessa che, mossa da pur nobili intenti, a fronte dello sviluppo inatteso degli eventi, è costretta a tornare sui propri passi e a fare mea culpa.
Tratto da una storia realmente accaduta – Il film si ispira al libro Truth and Duty: The Press, the President and the Privilege of Power, scritto dalla giornalista e produttrice televisiva Mary Mapes (interpretata da Cate Blanchett) – il primo lungometraggio di Vanderbilt, a scapito del proprio titolo, Truth, è quanto di più distante possa esserci da un reale processo di ricerca della verità, dato che quest’ultima sfugge sistematicamente al tentativo di restituirla sotto forma di rappresentazione, e più in generale attraverso il linguaggio. Insomma, il problema è proprio all’interno del mondo dell’informazione, cui non è concesso per definizione giungere a qualcosa che possa definirsi attendibile. Semmai solo un successivo lavoro di ricostruzione storica dei fatti può tentare, spesso fallendo, di assemblare i tasselli (talvolta mancanti) di un mosaico difficile da ricomporre.
Ciò non toglie che Truth – film d’inchiesta sul giornalismo d’inchiesta, un po’ come il set sul set di tanto metacinema – funzioni, sia per quanto riguarda la scrittura della storia raccontata, sia per la recitazione degli attori, su cui svettano Cate Blanchett, che offre una performance che sicuramente otterrà diversi riconoscimenti, e un attempato, ma ancora valido, Robert Redford che contrappunta egregiamente l’interpretazione della protagonista