L’ora d’acqua di Claudia Cipriani è il film vincitore del 4° Festival Internazionale del Documentario Visioni dal Mondo, che si è svolto a Milano dal 13 al 16 settembre 2018, e racconta la storia del sommozzatore Mauro Deiana e della sua amicizia con il piccolo Milo.
Il documentario italiano, ormai, sta facendo scuola con una nuova generazione di registi che dagli anni 2000 producono film di grande respiro, alla continua ricerca di nuove forme di linguaggio e con la capacità di raccontare il mondo sotto ogni aspetto con uno sguardo profondo e attento alle vicende che interessano la conoscenza collettiva. Roberto Minervini e Gianfranco Rosi sono tra i più conosciuti al grande pubblico per le loro affermazioni nei più importanti festival internazionali, ma a fianco ci sono autori come Pietro Marcello, Costanza Quatriglio, Francesco Patierno, Martina Parenti & Massimo D’Anolfi, Federica Di Giacomo, solo per citare quelli che si sono fatti notare al pubblico e alla critica di recente. E Claudia Cipriani si può ben annoverare in questa schiera di autori, già finalista al David di Donatello con il suo precedente lavoro Lasciando la Baia del Re (2011).
L’ora d’acqua è il suo quinto lavoro e mostra la vita di Mauro Deiana, sub professionista che lavora sulle piattaforme petrolifere ad alte profondità per la manutenzione degli oleodotti sottomarini. Lo vediamo passare lunghe settimane nella camera iperbarica, tra pause claustrofobiche e immersioni nell’immensità acquatiche. Ma soprattutto la regista italiana racconta il rapporto familiare che l’uomo ha con il suo primogenito Milo, a cui lo lega un profondo affetto e al quale insegna i segreti e le leggende del mare.
Lo stile della Cipriani si estende attraverso l’utilizzo di un linguaggio cinematografico in cui mixa riprese dal vero, con una messa in quadro che trasmette la fatica del lavoro di Mauro; sequenze di vita familiare con telecamera digitale; animazioni che immergono lo spettatore all’interno di un mondo fantastico; l’utilizzo di modellini e giocattoli per mettere in scena le storie di avventure marine dei propri figli; le videochiamate di Mauro a Milo e alla compagna, dove lo strumento informatico diventa mezzo di dialogo che annulla lo spazio e il tempo. Questo continuo cambio da un supporto visivo a un altro crea un mondo dove realtà e immaginazione si fondono attraverso lo sguardo infantile di Milo che vive la sua infanzia come una grande avventura attraverso le storie e la vita di Mauro. L’entrata della realtà è inserita in modo prepotente con lo scatenarsi della guerra in Libia, vissuta a distanza da Mauro, che la osserva dalla sua “caverna” iperbarica, fino al naufragio della Concordia all’Isola del Giglio, che permette al sommozzatore di realizzare un sogno fin da quando era bambino e cioè dedicarsi al salvataggio e alla scoperta di relitti marini. Le sequenze girate vicino, intorno e al di sotto della nave incagliata sono quelle che, in qualche modo, allineano l’immaginario mondo sottomarino che lega Mauro con Milo, dove il sogno di avventura diventa realtà.
L’ora d’acqua diventa così un film d’avventura interiore, mentale, fantastico, dove la levità dell’infanzia si realizza attraverso una visione di un mondo in cui l’acqua è culla, utero materno, elemento vitale per la vita e l’immaginazione. E Claudia Cipriani riesce a controllare con mano ferma la sostanza del suo cinema, manipolando la materia filmica in un flusso liquido di immagini piene di sentimento e sogni ad occhi aperti.