La migliore offerta, film del 2013 scritto e diretto da Giuseppe Tornatore, con protagonista Geoffrey Rush. La migliore offerta è il primo film che Giuseppe Tornatore ha realizzato in digitale, mettendo da parte l’uso della pellicola. Girato interamente in inglese, il film vede tra i suoi interpreti, oltre al protagonista, Sylvia Hoeks, Jim Sturgess, Donald Sutherland, Sean Buchanan, Liya Kebede, Philip Jackson, Dermot Crowley. La migliore offerta ha ottenuto 10 candidature e vinto 7 Nastri d’Argento, 13 candidature e vinto 6 David di Donatello, 4 candidature e vinto un premio ai European Film Awards. In Italia al Box Office ha incassato 9 milioni di euro.
Tornatore su La migliore offerta: «La trama del film ha un disegno molto semplice. È una storia d’amore raccontata attraverso la tessitura narrativa del thriller, ma senza assassini né assassinati, né tanto meno investigatori. Il protagonista è un battitore d’aste molto apprezzato, grande intenditore d’arte e dalla personalità estremamente complessa. Viene chiamato da una giovane donna che gli affida la vendita degli arredi e dei dipinti della sua villa antica. Tra i due nasce un rapporto molto contorto che porterà il nostro personaggio ad un ribaltamento totale della sua personalità, del suo modo di rapportarsi alla vita, al mondo e agli altri. Il film nasce da due idee completamente diverse l’una dall’altra: una antichissima, a cui pensavo già da una ventina d’anni, e un’altra più recente. Nonostante l’interesse, nessuna delle due idee si concretizzava in un film finché un giorno, per gioco, ho combinato le due idee e la storia ha cominciato a camminare da sola».
Sinossi
Virgil (Geoffrey Rush) è un uomo colto e solitario, non più giovane. Ritroso nei confronti degli altri, esercita con infallibile maniacalità il mestiere di esperto d’arte e battitore d’aste. La sua grigia esistenza prende una piega inaspettata e lo conduce al centro di una passione che lo cambierà per sempre quando la giovane Claire (Sylvia Hoeks) lo contatta per occuparsi della dismissione del patrimonio artistico di una antica villa.
Splendidamente inverosimile. Come le migliori opere d’arte. Giuseppe Tornatore omaggia, ancora una volta, il mito surreale dell’amore impossibile, della passione totale, del radicalismo dei sentimenti, rivolgendo uno sguardo venerante alla nobiltà della finzione. Il genio si rivela soprattutto nell’inganno, nell’assolutismo applicato all’assurdità, nel sogno paradossale che cattura la mente e la domina come la più plateale delle evidenze. Il gioco dell’incanto, da facile che era – vedi le retoriche semplificazioni cui era stato sottoposto ne L’uomo delle stelle e in Malèna – è diventato un ingranaggio raffinato e complesso, in cui il falso supera il vero, imponendosi con la sua smisurata capacità di affascinare e convincere. Il regista fa centro, girando con cura, passione e mania un film originale e coinvolgente, che da un’idea-pretesto si sviluppa suscitando sentimenti sopiti, scoprendo desideri sconosciuti, soffocati o deviati, inventando storie improbabili, sorprendendo senza effetti speciali, colpendo al cuore e alla testa con illusioni credibili e credibili delusioni, scorticando angoli caratteriali gelosamente protetti, schiaffeggiando con e senza guanti, costringendo ad accettarsi diversi e a riconoscere il piacere di accogliere le novità dentro e fuori di noi, stuzzicando il bisogno ignoto di confrontarsi, di esprimersi e di ascoltare, stupendo con il colpo di scena meno prevedibile e forse meno piacevole-gradevole-comodo immaginabile. Arte-pittura, arte-cinema, realtà della finzione e finzione della realtà: il falso che inganna il reale o piuttosto il falso reale che inganna l’inganno? In ogni caso, quando si cambia si cambia e si deve o si vuole cambiare. Regia mirabile, fascinosa, sobria, profonda e ravvicinata, che soffia, accarezza e provoca, liberata da presuntuosi manierismi e capogiri autoriali auto referenziali (il peggio in Malèna) e più vicina alle vette di pieno e puro respiro filmico e artistico (come Nuovo Cinema Paradiso, Una Pura Formalità o La Sconosciuta). Recitazioni perfette, Geoffrey Rush ancora una volta sublime; ambientazioni, fotografia e scenografia accurate; musiche anch’esse accarezzanti, accompagnanti. Alla fine rimane la sensazione di aver voglia di continuare a vedere, non come si può ancora sviluppare la storia, ma proprio restarci dentro, ancora un po’.