Al settimo giorno di festival la stanchezza si fa sentire e le scommesse per il Leone d’oro sono ancora tenui, ma a questo ennesimo giro di boa, che sancisce l’inizio della seconda metà del concorso, è la volta del giovanissimo argentino Gonzalo Tobal (classe 1981 e alla sua quarta prova col lungometraggio) che con Acusada ha riesumato il filone giudiziario-criminale riportandolo alla contemporaneità degli eventi (vedi il caso Meredith Kercher-Amanda Knox), seppur con una scelta casuale dei riferimenti.
Buenos Aires. La ventunenne Dolores Dreier è accusata dell’omicidio della sua migliore amica, Camila, uccisa con numerosi fendenti (pare con un paio di forbici da sarto) dopo una festa. La madre della vittima è sicura che sia stata la ragazza. Forse per un forte rancore mai del tutto sopito, a causa di un filmino porno che vedeva Dolores protagonista e Camila autrice. E a quest’ultima va la colpa di averlo diffuso in rete. Per tre anni Dolores viene sottoposta alla gogna mediatica che, di conseguenza, coinvolge tutta la famiglia: i genitori perdono lavoro e dignità, il fratellino piomba in un vortice infernale, diventando l’unico appiglio di riscatto qualora Dolores venga dichiarata colpevole. Si aggiungono l’avvocato, che “addestra” la ragazza a un linguaggio idoneo per affrontare la situazione, e un conduttore-sciacallo dalla scarsa imparzialità.
Il vero nodo di Acusada non è la riproposizione dei fatti, ma la situazione in cui viene posta la persona incriminata prima del processo giudiziario: nessuno può immaginare, effettivamente, le conseguenze quotidiane inferte all’imputato in attesa di verdetto, così come le sue paure, le sue ansie, le torture psicologiche, le congetture create con l’avvocato per far sì che la deposizione fili liscio senza intoppi. Dalla gogna mediatica non esiste scampo: i social e la televisione hanno preso il posto delle aule di tribunale (cosa ormai arcinota) dove l’opinione pubblica conta più di quella degli organi giudiziali – vedi i casi di alcune interviste cult fatte a soggetti condannati per omicidio che hanno cannibalizzato un dibattito popolare ormai saturo e scontato, ingolfato da stanchezza e confusione. E il film di Tobal può essere utile (all’Italia, ma non solo) per ribadire ancora una volta la bilateralità della medaglia e l’esistenza di un dietro le quinte enorme che va oltre la facciata del mero talk show pomeridiano.
Lali Espósito (cantante pop e attrice di commedie), labbra imbronciate e bellezza magnetica, ha creato con Dolores un personaggio-chiave universale ed efficace: un potenziale mostro (è veramente colpevole?) possiede le nostre stesse crepe esistenziali traboccanti paure e appetiti, nella speranza di un estenuante verdetto positivo tanto agognato.