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Ritorno al bosco dei 100 acri: l’amorevole cura del “dolce far niente”

Marc Forster, già regista di Neverland - Un sogno per la vita, con "Ritorno al Bosco dei 100 acri" realizza un film “semplice” nel senso di onesto: l'ottima sceneggiatura, i perfetti dialoghi e la fusione di logica umana e animale, con una giusta dose di retorica, preservano quell’aura di morale necessaria nelle favole.

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L’estate è la stagione consacrata, per antonomasia, alla rigenerazione, alla leggerezza, al completo riposo ovvero a quell’ozio e “otium” tanto preclaro per i nostri avi latini, che sceglierla come periodo di distribuzione, nelle sale italiane, del film  Ritorno al bosco dei 100 acri ( titolo originale Christopher Robin )  consente di porre, immediatamente,  l’attenzione  sul motto di uno dei personaggi d’animazione protagonisti ossia “dolce far niente”  e sottende l’auspicio che quest’ultimo si traduca in un affollamento postagostano dei cinema da parte delle famiglie con pargoli al seguito.

A pronunciarla più e più volte, fino ad ottenere  un prezioso contagio  generale è  Winnie  Pooh, un orsetto che non ha di certo bisogno di presentazioni, ben noto a grandi e piccini.  Insieme ai suoi amici  animali ovvero  Tigro, Pimpi, Ih-Oh, Tappo, Kanga, Ro e Uffa, lo  ritroviamo esattamente al suo posto, come se ne rivedessimo i cartoni animati che lo hanno reso celebre, nel luogo della natura in cui ha sempre vissuto chiamato il Bosco dei 100 acri.

Parallelamente, in una Londra sempre nebbiosa e tristemente priva di colori, si consuma nella disperata impresa di salvare un comparto dell’azienda produttrice di valigie, per cui, alacremente,  lavora l’ex bambino di nome Christopher Robin sacrificando moglie e figlia. A queste ultime, ha promesso di trascorrere un weekend nella  sua casa d’infanzia, immersa nella regione del Sussex, comunicante con il magico mondo del Bosco dei 100 acri, attraverso una porta posta nel tronco di un albero. Tuttavia la perfidia di un suo superiore, figlio del capo, lo vessa al punto da  imporgli  la completa rinuncia alla vita privata, per studiare soluzioni adeguate ad un imminente tracollo finanziario. Perorare la propria causa fondata sull’importanza degli affetti familiari, sul diritto ad una pausa lavorativa o sugli impegni presi continuamente disattesi non serve perché “i sogni non sono gratuiti” e “niente nasce dal niente”. I ragionamenti, che non fanno una piega, diventano per Cristopher imperativi categorici ed autentici comandi di cui si serve per educare la figlia, destinata, a breve, ad entrare in un collegio, rivivendo un’esperienza di formazione da lui “subita” da piccolo quando era stato costretto a smettere di giocare con gli abitanti del Bosco dei 100 acri. Il risultato di uno stile di vita fondato ciecamente sullo sfruttamento lavorativo  accettato passivamente si legge sul volto consunto di Cristopher a cui la moglie rimprovera di non ridere più da anni e di non comprendere che la vita reale scorre davanti ai suoi occhi in un hic et nunc  drammaticamente irrecuperabile.

Di quella vita felice di bambino che fu prima del collegio, della guerra e del lavoro da impiegato, resta,  a mo’ di cimelio, un quaderno colmo di storie e di disegni  che la figlia di Cristopher, sfoglia attratta da un qualcosa di magico e misterioso, per conoscere ed assaporare un padre da cui rivendica amore. Di quell’infanzia spensierata, sono testimoni viventi, in carne ed ossa, o meglio, in ovatta e prezza   e,  con il vantaggio di esser più giovani di un anno rispetto a Cristopher Robin,   Winnie Pooh e i suoi compagni.

I pensieri ingenui   e le azioni elementari di Winnie, fino ad essere scioccamente banali ed irritanti  agli occhi di un uomo d’affari che ha ben altri problemi da affrontare, insieme ad una serie di catastrofi provocate involontariamente dal pupazzo,  tracciano, come in una visione a specchio, un percorso di ri-conoscimento tra l’adulto Cristopher e il suo omologo bambino.

Pur di liberarsi di Winnie,  “incontrato” o meglio trovato a Londra sul sedile di una panchina, Cristopher prende un treno per il Sussex e giunto qui si compie il miracolo interiore: acconsentendo  a rimanervi, per aiutare Winnie a trovare i suoi amici che sembra siano spariti, recupererà sé stesso e la libertà di una florida fantasia popolata di “efelanti” ed altri mostri combattuti eroicamente a colpi di ombrello per difendere gli abitanti del bosco. Nessuno li ha mai visti e ciò non inficia la storia: quel che conta è immaginarli giacché credere nella loro esistenza   li rende reali. Il mondo fantastico è stato anche l’universo di Cristopher Robin e si regge su leggi, regole e  comportamenti che il mondo “fuori”, pullulante di gente a cui non piacciono le “cose diverse” bollerebbe come pazzo.

Non a caso, al suo rientro a Londra, durante la ben nota riunione di lavoro con i vertici aziendali, visibilmente cambiato dentro, Cristopher Robin la cui valigetta portadocumenti  è colma di strani oggetti come   foglie e code d’asino, verrà  giudicato folle.

Come in ogni favola che si rispetti, anche in questo caso, i più saggi, sensibili ed intelligenti sono gli animali  e la comitiva del Bosco dei 100 acri, seguendo la luce di un sole che “non smette mai di brillare, quando Cristopher Robin viene  a giocare” prosegue, anche seminando ghiande, un percorso ludico con la figlia di Christopher felice  di portare a termine una missione per il padre.

La soluzione del film inneggia letteralmente ad una vacanza intesa come svago, libertà e riappropriazione di un fanciullino perduto o meglio smarrito, come affermerà il protagonista, perché, a volte, bisogna invertire le età, tornare bambini per ridiventare adulti o, secondo la logica disarmante di Winnie Pooh “rigirare il mondo per rimetterlo nel verso giusto”.

Marc Forster, già regista di Neverland – Un sogno per la vita,  realizza un film “semplice” nel senso di onesto: la sceneggiatura è ottima, i dialoghi funzionano alla perfezione, fondendo logica umana e animale con la giusta dose di retorica e di frasi sapientemente rimarcate perché si preservi quell’aura di morale necessaria nelle favole. La scelta di Ewan Mc Gregor indotta nel regista anche dall’aspetto teneramente infantile dell’attore nonostante sia adulto, si conferma più che corretta: l’impeccabile impiegato arriva finalmente a commuoversi e a ri-stupirsi del mondo, della sua bellezza, della sua “naturalezza” mostrando questo cambiamento prima di tutto nello sguardo. Se prima aveva agito,  roboticamente, come il bullone di un famigerato ingranaggio, ora Christopher prende decisioni precedute da emozioni, consapevole  che diventare adulti e genitori significa aiutare a crescere e non rinchiudere la figlia in un collegio delegando altri a svolgere un compito complicatissimo quale è insegnare a camminare con le proprie gambe. Sfogliare un quaderno di disegni, sporcarsi con il fango o il miele, correre, divertirsi anche a “non fare niente” ecc…non rappresentano una perdita di tempo, perché quest’ultimo fugge, non può tornare indietro e va colto in quel preciso istante.  Così alla domanda su quale giorno sia,  sarà ancora una volta Winnie a diventare inconsapevolmente una guida ricordando a Christopher, senza ricorrere a lettere e numeri ed eludendo la fisica  dello spazio-tempo, l’unica pura e sana risposta ammissibile ed inoppugnabile: oggi è…oggi.

  • Anno: 2018
  • Durata: 104'
  • Distribuzione: The Walt Disney Company Italia
  • Genere: ANIMAZIONE
  • Nazionalita: USA
  • Regia: Marc Forster
  • Data di uscita: 30-August-2018