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Film da Vedere

‘Signore & signori’ di Pietro Germi, uno degli esiti più alti della commedia all’italiana

Germi racconta la vita di una cittadina nella provincia veneta dal punto di vista della "piazza". Commedia all'italiana veramente cattiva e sferzante: uno tra i film più belli del regista. Sceneggiatura di Vincenzoni, Age, Scarpelli e Flaiano

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Signore & signori è un film del 1965, diretto da Pietro Germi, con Franco Fabrizi, Olga Villi, Virna Lisi, Beba Loncar, Gastone Moschin, Gigi Ballista, Nora Ricci, Alberto Lionello. Vincitore del Grand Prix per il miglior film al 19º Festival di Cannes, ex aequo con Un uomo, una donna di Claude Lelouch.

Il successo di Signore & Signori

Si tratta di uno degli esiti più alti della commedia all’italiana degli anni sessanta. Signore & signori è stata la terza e ultima collaborazione fra il regista Pietro Germi e lo sceneggiatore Luciano Vincenzoni, dopo Il ferroviere e Sedotta e abbandonata. Vincenzoni coinvolse poi anche Age & Scarpelli per avere il loro aiuto. Fu Ennio Flaiano a suggerire di evitare il tradizionale film a episodi e strutturarlo invece come un romanzo in tre capitoli.

Nel 1998 il film è stato restaurato dalla Dear Cinestudi, in collaborazione con la Fondazione Scuola Nazionale di Cinema – Cineteca Nazionale, grazie all’intervento dell’Associazione Philip Morris Progetto Cinema. Il restauro è stato diretto da Giuseppe Rotunno, con la consulenza storica al restauro della fotografia di Aiace Parolin e l’assistenza tecnica di Carlo Cotta.

La trama

Suddiviso in tre capitoli. Quattro vitelloni vengono accusati di aver messo incinta una minorenne: il processo verrà messo a tacere con l’aiuto delle autorità religiose del paese. A una festa un uomo riesce a sedurre la moglie di un amico facendogli credere di soffrire d’impotenza. L’amore clandestino tra un uomo sposato e una giovane cassiera sarà stroncato per salvaguardare l’unione coniugale.

La recensione di Signore & Signori

Pietro Germi attacca la mediocrità benpensante della borghesia veneta con una furia devastante. Tutto è travolto: i partiti, le istituzioni, la chiesa, il maschio, la femmina, la ricchezza, la povertà, i sentimenti. Questa tecnica di offensiva pessimista è orchestrata con un ritmo indiavolato, suddividendo il racconto in vari capitoli per incanalare ancora di più il messaggio d’autore volutamente senza speranza. L’Italia di Germi è un ribollire incessante di pruriti e di libidini che faticano a non traboccare da un pentolone di ipocrisia e corruzione, col coperchio del denaro e la sorveglianza del clero ad assicurare impunità e rispettabilità ai vitelloni degli anni 60, non più quelli ingenui e inquieti di Fellini, ma quelli cinici, meschini, triviali, i “mostri” del Boom economico, una spanna più abietti dell’anti-eroe Bruno Cortona.

Il regista utilizza, come in Sedotta e abbandonata, un coro di figurine tutte sbozzolate e tutte perfette nel mettere a fuoco l’ipocrisia che attanaglia quella società del benessere: quell’ipocrisia che fa sì che tutto sia permesso (anche dalla Chiesa) purché non si sappia in giro, purché non si ufficializzino le scappatelle con separazioni, denunce, abbandoni del tetto coniugale. In nome di questa falsa coscienza sono accomunati tutti i ceti sociali.

Un film memorabile per l’acidità e la spietatezza con cui affresca il degrado borghese, la doppia morale, l’abominio di una società tanto evoluta sul piano del benessere quanto regredita su quello culturale; la donna è vista esclusivamente come catena domestica o come oggetto di piacere, e l’unica via per l’emancipazione pare essere quella perseguita da Ippolita (Olga Villi), prototipo della nuova donna calcolatrice, efficientista, dittatrice.

Alcuni riferimenti

Signore & signori è un carosello d’intrallazzi che non concede tregua: è come un precipitoso giro al luna park, tra l’allegria di una giostra, le vertigini dell’otto volante, la malignità dell’autoscontro e l’abilità del tiro a segno. Germi salta e piè pari l’amarezza di Dino Risi e la disperazione di Marco Ferreri, e perfeziona una nuova via per la “commedia di costume”, dove il sarcasmo pare l’unica strada rimasta per contemplare la disfatta morale di un’intera concezione del “vivere sociale”.

Qualche personaggio ispira un po’ più di comprensione umana (quelli di Gastone Moschin, Olga Villi, Carlo Bagno, Gia Sandri), ma nessuno è completamente simpatico o positivo. Uno dei film del nostro cinema più duri e meno indulgenti di sempre, giustamente premiato e ‘strategicamente’ dimenticato dai grandi circuiti mediatici, al contrario del pur critico ma all’apparenza più abbordabile Amici Miei.

  • Anno: 1965
  • Durata: 118'
  • Genere: Commedia
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Pietro Germi

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