Com’è nato il tuo desiderio di lavorare come scenografo e costumista?
È nato passeggiando per Firenze nel 1997, quando ero ancora uno studente di architettura. Franco Zeffirelli stava girando Un tè con Mussolini e una strada della città era stata completamente ricostruita: tolto l’asfalto, ridisegnate le vetrine dei negozi, tutto ciò che era arredo urbano contemporaneo era stato rimosso, e la via era diventata una strada dell’epoca. Io ne rimasi totalmente affascinato, senza ancora immaginare che quello sarebbe stato il mio lavoro. Quando, qualche anno più tardi, mi sono reso conto che il lavoro d’ufficio non era per me, si è riaccesa quella fascinazione che avevo provato guardando il set di Zeffirelli. La laurea in architettura mi ha poi facilitato nel seguire questa formazione. Nei costumi ci sono un po’ nato dentro, perché da ragazzino ho sempre disegnato vestiti per passione, senza alcuna meta o scopo, disegnavo per amore del disegno e per amore del vestito. Poi sono stato selezionato al Master Europeo in Scenografia e Costumi all’Istituto Europeo di Design a Roma e da lì è partito tutto.
Quanti anni avevi?
Avevo trent’anni, il che significa che ho iniziato tardi rispetto alla maggior parte dei costumisti e scenografi. Ciò paradossalmente da un lato mi ha dato un vantaggio, perché nessuno pensava che io non avessi esperienza. Dall’altro, mi sono ritrovato subito a dover fare tantissime cose che non avevo mai fatto prima e per entusiasmo e incoscienza mi sono buttato, dicendo di sì a tutte le proposte che mi venivano fatte. Sul mio primo set, un cortometraggio di Francesco Colangelo, un giorno mi venne la febbre per l’ansia da prestazione, ma alla fine firmai con il mio nome nei credit il lavoro che avevo fatto insieme alla costumista ufficiale.
Parlami della tua collaborazione con Paola Bonucci (Costume Designer per il cinema e la televisione, n.d.r.).
Ho iniziato a collaborare con Paola Bonucci nel 2006. Lei stata lavorando a Terapia d’urgenza, una fiction ospedaliera andata poi in onda su Rai2. Una delle sue assistenti se ne era andata e quindi lei aveva bisogno di una figura che la potesse sostituire. Fino a quel momento io non avevo mai lavorato a una fiction e non sapevo cosa significasse fare l’assistente, perché avevo sempre fatto piccoli lavori da capo reparto. Quella per me è stata un’esperienza meravigliosa, perché la fiction ti insegna quali sono le regole del lavoro professionale. La rapidità, la soluzione immediata del problema, la gestione di una sartoria enorme: la fiction sostanzialmente è una serie di sette, otto, dieci film che fai contemporaneamente, quindi l’organizzazione del reparto dev’essere efficientissima. Con Paola è poi nata una collaborazione che è durata diversi anni, fino al 2010 anno in cui abbiamo lavorato alla serie Nero Wolf.
Qual è l’aspetto del tuo lavoro che ti piace di più?
Il fatto che ogni volta parti da zero. Ogni lavoro è diverso dall’altro, quando credi di aver imparato come funziona una cosa, sul set successivo impari qualcosa di nuovo cui non avresti mai pensato prima e che devi risolvere! È un lavoro che ti mette perennemente l’adrenalina addosso. Queste sfide sono lo stimolo di cui io ho bisogno, perché sono una persona che tende ad annoiarsi molto facilmente. Il fatto di avere a che fare con progetti sempre nuovi, persone sempre nuove, argomenti sempre nuovi, perché puoi passare da un horror medievale a una commedia nel giro di qualche mese, è una cosa che mi diverte.
Tu al tuo lavoro sui set affianchi anche l’attività di docente. Cosa vorresti che rimanesse delle tue lezioni ai tuoi allievi?
Io ho insegnato alla scuola di cinema Immagina di Firenze, all’Istituto Europeo di Design di Roma e il prossimo settembre sarò a Berlino con la masterclass sul Designer del Costume presso The Visual House, la scuola di cinema in lingua italiana. Quello che vorrei riuscire a trasmettere ai miei allievi è la possibilità di comunicare il fascino per questo lavoro, di raccontare quanto sia importante il costume in un film e quanto ci racconta del personaggio. Il lavoro del costumista è un lavoro fatto di comunicazione, di dettagli, di amore.
I tuoi ultimi progetti?
Ho lavorato sul set di Tafanos, un horror trash per la regia di Riccardo Paoletti, prodotto da Minerva Pictures in collaborazione con Sky Cinema. Uscirà presto nelle sale Restiamo amici, il nuovo film di Antonello Grimaldi, vincitore del David di Donatello con Caos calmo, una commedia girata in Trentino con Michele Riondino, Alessandro Roia e Violante Placido. È un lavoro di cui vado orgoglioso e per me lavorare con Antonello è stata una bellissima esperienza. Poi ho fatto, e fino alla fine di quest’anno farò ancora, molta pubblicità. All’inizio del 2019, invece, lavorerò ad un’importante progetto su una figura storica di grande rilievo nella storia italiana.
Intervista a cura di Roberta Chimera