Excalibur, un film del 1981 diretto da John Boorman. Presentato in concorso al 34º Festival di Cannes, è valso al regista un premio per il contributo artistico. La sceneggiatura è stata scritta da Rospo Pallenberg e da John Boorman, ed è principalmente un adattamento all’opera di Thomas Malory, Le Morte d’Arthur (1469–70).
Il film è stato girato in Irlanda, precisamente nelle contee di Wicklow, Tipperary e di Kerry. Il Cahir Castle è stato scelto come sede per il castello di Leodegrance, dove nel suo fossato, Uryens nominò Re Artù cavaliere.
Excalibur è stato il film più visto durante il weekend in cui è uscito nelle sale cinematografiche, 10–12 Aprile 1981, incassando $34,967,437 negli Stati Uniti.
Nel cast ci sono diversi attori all’epoca non ancora famosi come Helen Mirren, Gabriel Byrne, Patrick Stewart e Liam Neeson.
Sinossi
Arthur è il re designato dal mago Merlino per la Corona d’Inghilterra e sua è Excalibur, la spada meravigliosa. Intorno a lui si sono raccolti i cavalieri della Tavola Rotonda, ma l’unione dei vassalli va in frantumi per il presunto tradimento della regina Ginevra con Lancillotto.
Il capolavoro di John Boorman, lontano anni luce dai precedenti film sulla saga di Re Artù, quasi sempre infarciti di banalità e di un romanticismo non consono al momento storico in cui si svolge la leggenda.
Gli sceneggiatori (il regista e Rospo Pallenberg) dosano magnificamente la moltitudine di miti sul Graal (basandosi soprattutto su Le morte d’Arthur di sir Thomas Malory) e riportano alla luce la cultura semi-barbara che doveva essersi effettivamente radicata durante il V secolo d.C. nell’odierna Inghilterra, subito dopo la ritirata dei Romani.
Excalibur rappresenta una tappa fondamentale nella carriera del regista. Qui, Boorman può dar sfogo a tutto il pessimismo di base che da sempre lo anima, tramite il risalto dell’immagine bella ma inquietante, sviluppata in una lettura epica-eroica e al tempo stesso accompagnata da una lussureggiante carica artistico-erotica di una finezza acutissima.
Conta poco il contenuto della storia, peraltro adattata a piacimento, a prevalere è lo spessore dato agli eventi attraverso una forma visiva onirica, possente, lugubre, ma allo stesso tempo celestiale; ricco di simbolismi e al contempo segnato dalla violenza.
Il risalto dei colori è tra i punti focali del film. Il grigio della nebbia, presente nelle fasi di battaglia, rappresenta l’incertezza, l’inconscio, il divenire. La seconda parte è dominata dal verde, la natura, con il suo riflesso sugli uomini a testimonianza del concetto panteista di natura-uomo come unica essenza. I riflessi del colore argento sono dappertutto, sulla spada del potere, sulle armature dei cavalieri, negli oggetti più disparati. Il luccicante biancore argenteo (le corazze, Lancillotto, il matrimonio, la tavola rotonda, i bastioni di Camelot) è anche rappresentate simbolico della pace, della prosperità, della quiete. Ma quando gli eventi precipitano e la morte occupa il dominio delle scene, ecco comparire il rosso; un rosso vivo, sanguinolento (lo scontro tra Artù e Modred segna la fine di un mondo) al punto che il sole, la natura e tutto ciò che circonda la Terra, assume un aspetto struggente e a dir poco terrificante.